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Bersani vuole stanare Grillo e chiede al Pd unità

Il leader piddì vuole andare avanti e provare a formare un governo: si presenterà in parlamento per chiedere il sostegno anche del M5S

Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani

Nonostante le turbolenze nel partito e le "battute" di Beppe Grillo, Pier Luigi Bersani è intenzionato ad andare avanti con il tentativo di formare un governo e presentarsi in parlamento per chiedere il sostegno anche del Movimento 5 Stelle: l’intenzione, spiega chi ci ha parlato, è di "stanare" chi fino ad ora ha solo protestato per costringerlo ad assumersi delle responsabilità.

Oggi il leader Pd ha risposto a brutto muso al leader dell’M5S che lo invitava a votare la fiducia a un governo grillino. "Rispetti gli elettori - lo ha bacchettato - non pensi di scappare dalle sue responsabilità con delle battute. Ci si vede in parlamento e davanti agli italiani". Bersani è deciso a provarci, forte di un risultato che anche se azzoppato gli consegna la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato. Per questo, si insiste al Pd, "tocca a lui provarci" e "lo farà con determinazione, con proposte chiare che lancerà davanti al parlamento e soprattutto al Paese". E alla prossima direzione chiederà al partito di appoggiarlo in modo compatto. "Spetta al Pd fare il governo - ha spiegato anche Massimo D’Alema - e un esecutivo di minoranza è la soluzione possibile oggi". Dal taglio dei costi della politica alla moralità pubblica al lavoro, quelle di Bersani saranno proposte cui Grillo non potrà dire di no senza spiegazioni ai suoi parlamentari e ai suoi elettori. Il segretario del Pd, si assicura, per ora non prende in considerazione subordinate anche se ovviamente toccherà al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano valutare le forze in campo.

Nel partito sono in molti a pensare già a un piano B. I "giovani turchi", come Matteo Orfini, vedono come sbocco solo le elezioni anticipate e tuonano: "Nessun governo può essere fatto se non c’è anche il M5s, altrimenti faremo le barricate". Nelle diverse anime del Pd però più d’uno pensa che alla fine si potrebbe arrivare a un governo di scopo guidato da un tecnico che conduca in porto una serie di riforme. Meglio se con il Movimento 5 Stelle, ma nel caso anche solo con Pdl e montiani. Se l’opzione fosse questa, si potrebbe tentare un’intesa di ferro con Silvio Berlusconi per avere davanti una prospettiva abbastanza lunga da dare il tempo al Pd di incassare qualche risultato sul piano sociale e della moralità pubblica, sperando che l’economia riprenda fiato e si fermi un pò il vento grillino. Nulla però che possa passare per un "governissimo". Su questo in serata è stato chiaro anche D’Alema: "Non lo faremo mai. Sarebbe l’errore più grave», ha detto, e Grillo «si illude se pensa di spingerci a questo".

Dopo che molto dibattito ha suscitato una sua intervista in cui prospettava un’assunzione di responsabilità istituzionale Pd-Pdl-M5S, l’ex premier ha ribadito la sua linea (anche in un colloquio con Bersani in cui gli ha confermato l’appoggio al tentativo di formare un esecutivo). Dato che il Pd si assumerà la responsabilità politica di fare al Paese le sue proposte per il governo, considerata la fotografia del Paese che esce dal voto, D’Alema ritiene necessaria una condivisione istituzionale, vale a dire affidare la presidenza delle due Camere alle principali forze di opposizione. Una proposta che potrebbe essere stata apprezzata anche al Quirinale perchè fa chiarezza della differenza tra responsabilità politica e istituzioni, e segna una prima presa di coscienza del messaggio del voto e dei molti appelli al dialogo rivolti in passato dal Quirinale ai partiti. Del resto già in campagna elettorale Bersani aveva aperto a una condivisione delle responsabilità istituzionali. Su un punto, però, il Pd non potrebbe cedere: se lo scranno più alto dovesse andare al Pdl, certo non potrebbe occuparlo Berlusconi. Mentre Bersani è concentrato sul governo, aumentano le punzecchiature per anticipare il congresso. Bersani ha più volte detto che in caso di incarico avrebbe messo a punto con il gruppo dirigente un meccanismo di transizione fino a ottobre, quando scadrà il suo mandato. Ma a maggior ragione se l’esperimento dovesse fallire, più d’uno pensa che comunque dovrebbe cedere il timone subito.

Per ora il leader frena, non perché abbia cambiato idea, assicurano i suoi, ma perchè adesso tutto lo sforzo deve essere concentrato sul tentativo di formare un governo. Bersani chiede unità al gruppo dirigente. Bisogna che il partito si concentri su questo e sia compatto perchè si tratta di un passaggio importante per tutti. E questo invito ripeterà alla direzione di mercoledì. Da tempo circola il nome di Fabrizio Barca come possibile successore, ipotesi che al ministro non dispiacerebbe. Ora però il ministro è dato anche nella rosa di eventuali premier tecnici cui potrebbe essere affidato un governo di scopo, in caso fallisca il tentativo di Bersani di coinvolgere il Movimento 5 Stelle. Ma al Quirinale questa ipotesi non viene assolutamente confermata e si fa notare che nella confusione di questi giorni si confonde la stima che indubbiamente il presidente ha per Barca con ipotesi politiche più che premature.

Ogni ipotesi di governo dovrà essere studiata facendo i conti con il consenso politico e i voti parlamentari.

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