Blitz in Sardegna: "Harrods abusivo"

La forestale contesta irregolarità al villaggio che ospita lo stand del marchio inglese a Porto Cervo

Blitz in Sardegna: "Harrods abusivo"

Se un'azienda che dà lavoro a 5mila dipendenti, con un valore complessivo che sfiora i 2 miliardi di euro e che ogni giorno fattura milioni su milioni decide di investire in un qualsiasi paese del globo, per quel paese è festa grande. A meno che quel paese non sia l'Italia. Perché se «Harrods», storico marchio britannico il cui grande magazzino è sinonimo di shopping in tutto il mondo, decide di sbarcare a Porto Cervo, tempio del lusso in Italia, ecco arrivare denunce, inchieste, sequestri e mugugni assortiti.

La prima succursale della catena londinese fuori dai confini di sua maestà ha incontrato sin dal principio problemi burocratici e legali di ogni tipo. L'ultimo sotto forma di una relazione degli uomini del Corpo Forestale della Regione Sardegna, depositata in Procura a Tempio Pausania, in cui si parla di abusi per i gazebo del Villaggio costruito in Sardegna. Per capirsi, non si tratta dei classici gazebo da spiaggia un po' fatiscenti in stile mercatino delle pulci ma di una struttura composta da 24 box in cristallo e leghe pregiate progettati dall'architetto Giò Pagani in cui trovano posto griffe di super lusso come Valentino, Hublot, Chopard, Bugatti, Maserati. Eppure nel fascicolo si ipotizza un abuso in atti d'ufficio a carico dei responsabili dell'ufficio tecnico del Comune di Arzachena che hanno concesso l'autorizzazione a realizzare la struttura, peraltro rimovibile, nella «zona H», cioè quell'area «di salvaguardia ambientale, rispetto e vincolo particolare». Non solo, tra le ipotesi di reato c'è anche l'abuso edilizio, la violazione alle norme paesaggistico-ambientali e anche violazioni di natura fiscale e patrimoniale a carico degli amministratori della «Porto Cervo Marina srl», la società del Qatar, come la proprietà di Harrods, che gestisce le concessioni demaniali. Ma già lo scorso giugno il «benvenuti in Italia» per i facoltosi imprenditori non fu educatissimo. I Carabinieri di Porto Cervo avevano sequestrato per diversi giorni l'intera area perché i lavori, allora ancora in corso, non corrispondevano al progetto iniziale approvato dal Comune. Cavilli burocratici, bastoni tra le ruote per chi in Italia porta lavoro, turismo e ricchezza. Sia chiaro, il comune mortale di passaggio in Sardegna può anche infischiarsene di marchi e prodotti tanto lussuosi e magari guarderà con un po' di invidia chi invece entra, striscia carte di credito ed esce con borse piene. Ma è innegabile che, specie in periodo di crisi, il settore del lusso possa fungere da volano per l'economia dell'isola attirando chi può permettersi di spendere e offrendo possibilità di lavoro.

Il tutto in una terra dove la caccia al ricco è diventata una costante. Dalla cervellotica tassa sul lusso introdotta dall'ex governatore Renato Soru, ai costi da capogiro per gli attracchi degli yacht, fino alla campagna di blitz a favore di telecamera sugli scontrini e fatture di negozi e boutique. Tanto da far andare su tutte le furie anche chi come Flavio Briatore del lusso ha fatto un modus vivendi e lo ha trasformato in business assai redditizio. Lo scorso anno aveva minacciato di chiudere il celebre locale «Billionaire», salvo poi fare marcia indietro. Anche tramite il suo profilo Twitter però lancia accuse all'isola, incapace a suo dire di incentivare investimenti, forte anche delle esperienze imprenditoriali avviate fuori dall'Italia dove, racconta, chi porta benessere viene trattato con tutti i riguardi.

Intanto, mentre il nuovo fascicolo sul villaggio Harrods di Porto Cervo prenderà polvere in Procura in attesa dei tempi biblici della giustizia italiana, i pannelli di cristallo tempio del lusso saranno smantellati.

Tra due settimane, come previsto, lasceranno l'isola. Ma non ci sarebbe da stupirsi se la prossima estate i ricconi del Qatar sceglieranno di snobbare l'Italia per puntare su un qualsiasi altro paese. Che, c'è da scommetterci, li accoglierà a braccia aperte.

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