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Salario minimo, reddito e buonismo: Bonaccini rispolvera i totem rossi

Il "nuovo" Pd di Stefano Bonaccini non ha ancora visto la luce e puzza già di vecchio: a sinistra continuano a non avere idee e riciclare quelle vecchie

Salario minimo, reddito e buonismo: Bonaccini rispolvera i totem rossi

Se il Partito democratico che guarda al futuro, nelle intenzioni di Stefano Bonaccini, è quello rappresentato durante il World In Conversation, la rete delle donne democratiche del Pd Mondo, è come guardare un film in bianco e nero dove tutto nasce vecchio. Il candidato alla segreteria del Partito democratico e governatore della Regione Emilia Romagna sta basando la sua corsa al Nazareno su capisaldi storici della sinistra italiana, i soliti totem che da decenni vengono sbandierati e che non hanno più nemmeno un punto di vista nuovo dal quale essere guardati.

Per tentare di recuperare qualche simpatia dagli eterni nostalgici della sussistenza statale, Stefano Bonaccini arriva perfino ad allinearsi al Movimento 5 stelle sul reddito di cittadinanza. "Chi è nella povertà è giusto che riceva un sussidio, chi vi parla è favorevole al reddito di cittadinanza", ha detto Bonaccini. Quindi, chi è nella povertà è giusto che venga mantenuto, non che trovi un lavoro: questa continua a essere la linea di una sinistra senza idee e senza scopi, che preferisce mantenere legati i cittadini piuttosto che dotarli di dignità e autonomia con un lavoro.

Ma con il solito colpo al cerchio e l'altro alla botte, essendoci anche a sinistra numerosi elettori contrari al reddito di cittadinanza, ecco che Bonaccini tira in mezzo anche la necessità di creare lavoro: "Se non si interviene con politiche attive del lavoro, politiche industriali e infrastrutturali rischiamo che il Paese non ce la faccia perché puoi dare finché vuoi a chi non ha niente ma se non riusciamo a crescere e garantire risorse rischiamo di non farcela".

E a proposito di lavoro, convinto di trovarsi ancora negli anni Settanta, Stefano Bonaccini chiude il pugno sinistro e annuncia: "Se divento segretario, una delle prime battaglie che faremo è fare una raccolta firma per una legge di iniziativa popolare per introdurre un salario che sia dignitoso. Ci vuole una battaglia ma fatta andando sui luoghi del lavoro perché il problema del Pd è che siamo spariti dai luoghi in cui la gente lavora, studia, fa impresa, si diverte e soffre. C'è chi non è più andato in una fabbrica o in una scuola".

Certo, perché sulla scuola Stefano Bonaccini ha un'idea molto chiara, soprattutto su quella politica. Nostalgico forse dell'istituto di studi comunisti, noto come scuola delle Frattocchie, il governatore aspira a un baluardo del defunto Pci. In caso di vittoria, infatti, ha annunciato: "Rimetto in piedi una scuola di politica, un luogo di formazione permanente necessario soprattutto per i più giovani e noi la rimetteremo in piedi". Sono già pronte le bandierine rosse con la falce e il martello. Da affiancare a quelle della pace, perché si sa che la sinistra è capace di far finire le guerre sventolando i vessilli arcobaleno. Ci voleva Bonaccini a chiedere "di spingere il più possibile per un di più di diplomazie che iniziano a dialogare per arrivare a una pace giusta".

Il solito idealismo scollato della realtà che da sempre ha caratterizzato la sinistra. Ovviamente, il tutto impregnato di buonismo spicciolo che tanto piace alla sinistra, annunciando che collaborerà con i suoi "avversari" in questa corsa alla segreteria: "Se dovessi essere eletto segretario, un minuto dopo chiederei a Elly, a Paola e a Gianni di darmi una mano.

E se così non dovesse essere, darei loro una mano, se vogliono".

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