Roma - E se Forza Italia si sfilasse davvero? Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme e renziana di ferro non batte ciglio: «I numeri per andare avanti ci sono comunque, anche se continuo a scommettere sulla tenuta dell'accordo». Né il ministro mostra di temere contraccolpi dentro la maggioranza, e in particolare nel partito del premier, che secondo l'avvertimento del presidente del Senato Pietro Grasso non avrebbe i numeri per la sua riforma: «La preoccupazione di Grasso non è fondata, calcoli alla mano, Pd più Ncd e Scelta civica hanno la maggioranza, e il Pd sarà sicuramente compatto visto che la linea è stata votata sia dagli elettori delle primarie che dalla direzione». Le repliche di Forza Italia alla sfida del ministro non si fanno attendere: Giovanni Toti ironizza sulla tenuta del Pd: «Compatto? Forse la Boschi era all'estero e non ha letto i giornali». Mentre Renato Brunetta, capogruppo alla Camera, insinua che Renzi stia «barando» e assicura: «Si mostrano tanto sicuri dei loro numeri ma in realtà hanno una paura matta di schiantarsi contro la dorata facciata di palazzo Madama».
La grande intesa per le riforme, nata con il patto del Nazareno, sembra per il momento essersi trasformata in una sorta di partita a poker, nella quale è difficile capire chi bluffi. Da Forza Italia additano il premier: «La sua minaccia di elezioni è un'arma spuntata», dice Augusto Minzolini, «perché se si va al voto con il Consultellum poi per governare gli tocca rifare il pentapartito». E anche autorevoli osservatori come il direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli si chiedono: «La Boschi è così sicura che il governo abbia i numeri per fare comunque le riforme?». In casa Pd però sono convinti, come dice Debora Serracchiani, che Forza Italia «terrà fede agli impegni presi e rispetterà il patto». Anche perché, argomenta Paolo Gentiloni, «ora per Fi provocare lo stop delle riforme e forse il voto sarebbe suicida». E che comunque per Matteo Renzi la situazione sia win-win: «Sulla riforma del Senato - spiega il costituzionalista Stefano Ceccanti, già senatore Pd - basta la maggioranza relativa, che c'è. E se nel voto finale Berlusconi decide di schierarsi contro, insieme a Grillo, non ci sarà nessuno nelle file della maggioranza disponibile a votare con loro: vorrei vederlo Civati che si allea con Berlusconi contro l'abolizione del bicameralismo». Dunque «Matteo non sta bluffando» e «il Cavaliere ha solo da rimetterci a tirarsi fuori». Senza contare che, sciolto il patto, anche l'Italicum - minacciano dal Pd - verrebbe rivisto: innalzamento della soglia per il ballottaggio al 40%, abbassamento di quella dell'8% per le coalizioni: un grave rischio per Fi.
Se Berlusconi si sfilasse e venisse a mancare la maggioranza qualificata dei due terzi, diventerebbe obbligatorio il referendum confermativo sull'intero ddl: ma la prospettiva non spaventa il governo, anzi. «Basta andare per strada e chiedere: la riforma piace ai cittadini», assicura la Boschi. Tanto che, in realtà, l'esecutivo sta pensando di sottoporre comunque il pacchetto riforme alla conferma delle urne, anche se la maggioranza qualificata ci fosse e il referendum non diventasse obbligato: «Quando si ritoccano così tanti articoli della Costituzione, una sanzione da parte degli elettori serve, e ci stiamo ragionando», rivela un esponente Pd del governo.
Ed è facile pensare che serva tanto più non solo per sconfiggere clamorosamente Grillo, ma anche per mettere definitivamente a tacere le frange conservatrici della sinistra, dai «professoroni» alla Zagrebelsky fino ai frondisti interni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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