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Scajola getta la spugna: "Non sopporto più gli esami"

Da braccio destro del Cav ai guai giudiziari: "Sempre prosciolto". Il ras ligure esce di scena

Il deputato del Pdl Claudio Scajola
Il deputato del Pdl Claudio Scajola

Roma - Ha trascorso il compleanno, il 15 gennaio, e i giorni seguenti ad aspettare un segno, un'apertura, una conferma. Alla fine ha interrotto il silenzio e l'imbarazzo: «Per la dignità mia e della mia famiglia non sopporto più esami da parte di alcuno sulla mia moralità. Per queste ragioni ritiro la mia candidatura», ha annunciato l'ex ministro Claudio Scajola, ponendo fine alle indiscrezioni che inserivano anche il suo nome tra i candidati incerti del Pdl alle prossime elezioni politiche. Il suo nome che era entrato nella dirigenza di Forza Italia nel lontano '96, quando fu scelto in brevissimo tempo da Silvio Berlusconi per il ruolo di coordinatore organizzativo.
In mezzo, il giuramento per quattro volte da ministro, due dimissioni, una serie di attacchi esterni, di errori suoi, di inchieste che, rivendica ora, si sono concluse in nulla: «I miei valori, la mia storia e il mio stile di vita parlano per me - ha proseguito Scajola - . Tocca ricordare, nero su bianco, che Claudio Scajola ha inanellato solo archiviazioni, proscioglimenti e tanti mal di pancia».
Scajola sarebbe dovuto essere stato candidato nella sua Liguria. Chi gli è vicino racconta che si sia sentito in questi giorni con Berlusconi, ma che era stato amareggiato dall'accostamento del suo nome con quelli di altri candidati definiti «impresentabili». Qualcuno gli avrebbe fatto notare che sebbene due inchieste siano state archiviate (quella sulla casa al Colosseo e sul porto di Imperia) le passate traversie avrebbero potuto condizionare il risultato della lista. In corso c'è ancora l'inchiesta Finmeccanica (pm Woodcock). Ma Scajola non voleva essere chiamato impresentabile. Avrebbe deciso il passo indietro, assicura chi gli ha parlato, anche per togliere un problema a Berlusconi.
Inizialmente nel cerchio degli uomini più vicini al cavaliere, 'ex coordinatore era da tempo più lontano dai vertici del partito. Tutta la sua carriera politica appare come un ottovolante di successi e di cadute, di visibilità esaltante e di profondi precipizi. Figlio del fondatore della Democrazia Cristiana a Imperia, e legatissimo a Paolo Emilio Taviani, che fu suo padrino di cresima, Scajola divenne sindaco della città a soli 34 anni, il più giovane d'Italia. Sfiorato da Mani Pulite e arrestato nel 1983, ne uscì con un proscioglimento. Ministro dell'Interno nel 2001, l'anno del G8 di Genova, si trovò investito in pieno dalle polemiche sulla gestione dell'ordine pubblico. Ma non si dimise per questo: lasciò per una frase infelice su Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Brigate Rosse. Scajola rientra nel governo nel 2003 come ministro dell'Attuazione del programma, e poi nel 2005, alle Attività Produttive.

Ma le dimissioni che destarono ancora più clamore furono quelle del 2010, dallo Sviluppo economico, per la vicenda della casa di via del Fagutale, che risultò essere stata comprata in parte dall'imprenditore Diego Anemone «a mia insaputa», come spiegò Scajola, prima di lasciare l'incarico al termine di una drammatica conferenza stampa.

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