In principio è stata la sconfitta alle elezioni, nel 2010. Uno schiaffo, a lei che appena pochi giorni prima delle Regionali piemontesi giurava: «Daremo due schiaffoni a Berlusconi e alla Lega», che non è riuscita a incassare. E siccome uno schiaffo tira l'altro, ecco che adesso per Mercedes Bresso, già governatore del Piemonte, è arrivato un sonoro ceffone. La Corte dei conti di Torino ha infatti messo sotto accusa il governo regionale in carica tra il 2005 e il 2010 (e quindi il suo) per presunto danno erariale e violazione della concorrenza. Il motivo? La lievitazione dei costi del grattacielo Fuksas, il futuro edificio più alto d'Italia che ospiterà, nei suoi 42 piani, gli uffici della Regione. L'ha presa male, la zarina (il soprannome che le piace di più, gli altri, «la maestrina» e «la moglie di Mao», la indispettiscono un po'). Anzi, è diventata una iena. «È stato un esempio di buona amministrazione, non cattivo uso di denaro pubblico», ha tuonato lei, che del «mai indagata» ha fatto una bandiera in un Pd in cui non mancano le rogne giudiziarie, qua e là. Ma i giudici contabili non sembrano tanto d'accordo. Soprattutto con la delibera del 2006 con cui l'allora giunta Bresso chiese all'architetto Massimiliano Fuksas di spostare il suo grattacielo, neanche fosse un modellino Lego, adattandolo a una nuova area, quella dell'ex Fiat Avio al Lingotto. Un trasloco che doveva essere fatto senza modifiche sostanziali e che invece ha visto una variazione radicale, per un totale 30mila metri quadrati in più, da 40mila a 70mila. Per non parlare della parcella da oltre 22 milioni di euro per l'architetto Fuksas, l'incipit dei guai contabili della Bresso visto che proprio da un esposto del governatore Cota del 2010 parte l'inchiesta della Corte dei conti.
Roberto Cota. Il governatore del Piemonte che le ha strappato il secondo mandato è la bestia nera di Mercedes. Lei, scornata per aver perso al fotofinish, neanche 10mila voti di scarto, se l'è legata al dito. E ha dato consistenza pratica al «non ci sto» di scalfariana memoria: ricorsi su ricorsi. Tanto da far sbottare persino i suoi. Così, all'epoca, il segretario regionale del Pd Gianfranco Morgando: «Legittimo il ricorso ma la Lega la dobbiamo combattere sui contenuti». Due sono i nei della zarina, 69 anni a luglio, intellighenzia rouge torinese: non sa perdere, vedi i ricorsi a catena contro Cota; e ha qualche problemino nel far di conto, proprio lei che in gioventù ha fatto l'insegnante di matematica, professione abbandonata perché «troppo da donna» (parole sue, nel 2009, in un'intervista). Un esempio? Una persona, da sola, può mai essere un gruppo? No, dice la logica, e non solo quella matematica. Sì, eccome, dice la matematica creativa della zarina che, retrocessa da governatore a consigliere, ha colto la palla al balzo di una norma che permette i gruppi single e ha costituito il monogruppo «Uniti per Bresso» (confluito a gennaio nel Pd) staccato dall'altro monogruppo, «Insieme per Bresso». Gruppo, il secondo, che ora la zarina vuol cancellare, vietando l'uso del suo nome. Il suo unico consigliere, infatti, è stato raggiunto da un avviso di garanzia, insieme con altri tre colleghi, nell'ambito dell'inchiesta sulle spese pazze rimborsate ai gruppi consiliari. Ad Andrea Stara, il consigliere ripudiato dalla Bresso, si contestano alcuni acquisti curiosi, tipo un tagliaerba da 4mila euro. L'indagine è in corso. Ma la zarina la sua condanna l'ha già espressa: «Riconosco il diritto di difesa, ma non posso consentire che il mio nome venga associato a reati molto gravi».
Sa sfilarsi, la zarina. Si è sfilata anche da un altro caso celebre che ha fatto tremare Torino e il mondo della cultura: il Grinzane Cavour. L'ex patron del premio, Giuliano Soria, è stato condannato in primo grado ieri a 14 anni e mezzo. Nel dibattimento la Regione Piemonte, promotrice la Bresso, si è costituita parte civile. Ma chiamata come testimone in tribunale, Mercedes si è trovata a dover ammettere, imbarazzata, di non sapere che il settore comunicazione istituzionale della (ex) sua Regione (guidato dal fratello di Soria, Angelo) avesse erogato fondi al premio Grinzane Cavour.
Sa sfilarsi, eccome, la Bresso. Come nel 2010, quando con una delibera di giunta varata il 29 marzo, giorno delle elezioni, la sua giunta ha deciso di cancellare gli impegni già assunti ma non ancora liquidati per almeno il 16% del totale. Un escamotage per risparmiare (lei, non il successore), far quadrare i conti e rispettare il patto di stabilità. Un trucco che ex post la Corte dei conti ha così smascherato: «Mera operazione finalizzata a spostare nel tempo l'adempimento di obbligazioni assunte dalla Regione, con il risultato di occultare una parte del debito regionale... Essa non può pertanto dirsi conforme ai principi di una sana gestione». Come non esattamente conformi a sobrietà sono i numeri delle consulenze targate Bresso, contenuti in un libro-denuncia del neo assessore regionale Gianluca Vignale. Duecento milioni, tra consulenze dirette e indirette, il dato globale.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.