Interni

La bufala dei Cpr descritti come lager: le vere violenze le fanno gli ospiti

Formigli (La7) dice che i centri sono un "inferno". Tuttavia dimentica gli scontri

Foto d'archivio
Foto d'archivio

Ascolta ora: "La bufala dei Cpr descritti come lager: le vere violenze le fanno gli ospiti"

La bufala dei Cpr descritti come lager: le vere violenze le fanno gli ospiti

00:00 / 00:00
100 %

Corrado Formigli l'ha intitolato «L'inferno dei Cpr», ma a ben guardare è diventata la beatificazione televisiva di violenza e illegalità. Parliamo dell'inchiesta sui «Centri di Permanenza e Rimpatrio» (Cpr) andata in onda su «Piazza Pulita»(La7) giovedì 25 maggio. Un'inchiesta senza dubbio interessante perché i filmati usciti dai telefonini dei reclusi e ottenuti dall'autrice Chiara Proietti D'Ambra ci mostrano una realtà raramente documentata. Peccato che l'innegabile esclusività sia stata viziata dagli interventi in studio. Uno studio dove gli ospiti meno allineati con le tesi del conduttore venivano sistematicamente interrotti mentre quelli chiamati a illustrare il presunto «inferno» dipingevano i reclusi (pluri-denunciati per spaccio o violenze) come i dannati di un girone infernale dove manganelli e psico farmaci sono garanzia di silenzio e sottomissione. Con il compiaciuto sospetto che il tutto avvenga grazie alla complicità del governo Meloni. Una tesi assai lontana dalla verità visto che Cpr nascono nel 1998 e sono una creazione della sinistra. A istituirli fu la legge sull'immigrazione del governo Prodi, firmata dall'allora ministro dell'Interno Giorgio Napolitano, che varò i Centri di Permanenza Temporanea (Ctp) precursori dei Cpr. Ma a rendere faziosa l'inchiesta s'aggiunge il modo in cui, sempre in studio, vengono illustrati i video dei Cpr. Per capirlo basta lo spezzone usato come immagine simbolo. In quel filmato, girato nel Cpr di Gradisca d'Isonzo, si vede un migrante ferito alla schiena riportato in camerata da alcuni agenti. Un'immagine sicuramente drammatica in cui l'unica vittima sembra quell'uomo sanguinante e a petto nudo. Peccato che - come chiarito a Il Giornale da fonti del Viminale - l'immagine sia solo l'episodio terminale d'una giornata di violenze andata in scena nel Cpr di Gradisca lo scorso 20 aprile. Partiamo dal suo protagonista ovvero Haddad Hammami, un marocchino 26enne in Italia dal 2021. «Quel giorno - spiega la fonte - alcuni dei reclusi avevano appiccato un incendio nelle stanze del centro e lui oltre ad alimentarlo bloccava gli operatori che tentavano di raggiungere gli estintori e spegnere l'incendio». Una situazione che peggiora dopo l'intervento delle forze dell'ordine. «Mentre le fiamme si facevano minacciose quel migrante - continua la fonte - colpiva gli agenti con un pezzo di ferro e i suoi compagni lanciavano pezzi di vetro e altri oggetti contundenti. A quel punto gli agenti han dovuto scontrarsi con i reclusi, sfondare il blocco e spegnere l'incendio». Un altro retroscena ignorato dall'inchiesta di Piazza Pulita riguarda i precedenti di Haddad Hammami. Prima di contribuire al tentato incendio del Cpr di Gradisca il marocchino era stato indagato per furto aggravato, porto d'armi, danneggiamento, possesso di stupefacenti e fabbricazione di documenti falsi. «Senza contare il sequestro, ai primi di aprile, di un pacco a lui destinato - aggiunge la fonte de Il Giornale - contenente sostanze stupefacenti». Insomma non esattamente un agnellino. Come non lo sono altri due protagonisti dell'inchiesta. Keven Onias Holander da Cruz, un 22enne brasiliano clandestino in Italia dal 2019 - denunciato più volte per droga, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale - non viene imbottito di psico farmaci, come sostiene nei filmati, ma semplicemente curato con le medicine prescrittegli dopo un intervento di ernia inguinale praticatogli durante la reclusione. Il 29enne marocchino Younes Charage è inseguito, invece, da una sfilza di denunce per furto, droga e danneggiamento. Precedenti comuni, peraltro, alla maggior parte dei circa 620 migranti rinchiusi nei 9 Cpr ancora in funzione dopo la distruzione di quello di Torino, incendiato e devastato dai suoi «miti» ospiti a fine febbraio. Visti anche i numeri ridotti (a pieno regime i 10 Cpr italiani garantiscono 1378 posti) la reclusione nei Cpr è riservata in via prioritaria a migranti irregolari condannati per reati gravi o considerati «una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica». Ma in tutto questo un'altra verità - allegramente sorvolata da Piazza Pulita - riguarda la possibilità di abbandonare i Cpr e far ritorno a casa semplicemente dichiarando la nazione d'origine e le effettive generalità. Dall'«inferno» è, insomma, assai semplice uscire. Basta dichiarare, come farebbe ogni italiano fermato ad un controllo di polizia, la propria identità.

Ottenendo in cambio una veloce liberazione seguita da un rimpatrio assistito.

Commenti