La bufala dei lacrimogeni e la sentenza già scritta

I periti smontano lo "scoop": non sono stati sparati dal ministero di Giustizia. Ma giornali e intellettuali di sinistra gridano da giorni allo scandalo inesistente

Un fermo immagine tratto da un video di Tgcom mostra il lancio di lacrimogeni vicino al palazzo del ministero
Un fermo immagine tratto da un video di Tgcom mostra il lancio di lacrimogeni vicino al palazzo del ministero

Dalla prima pagina al cestino. La notizia era fasulla. Suggestiva come un riflesso condizionato da anni Settanta. Ma falsa. Nessun agente ha sparato lacrimogeni sugli studenti in fuga. Non c'era nessuno appostato dietro le finestre del ministero della giustizia. La perizia del Racis dei carabinieri spazza via tutti verdetti da instant book confezionati a tempo record da giornali e tv. Mercoledì scorso un lacrimogeno sparato dal basso verso l'alto ha colpito un muro ed è rimbalzato sulla strada. Si può concedere l'attenuante dell'illusione ottica, ma il linciaggio degli uomini in divisa, quello francamente si poteva evitare. Invece, sono saliti in tanti sul carro della contestazione, riverniciando antiche emozioni postsessantottine. «Il rapporto del Racis - spiega Paola Severino - ha stabilito con altissimo margine di probabilità che il lacrimogeno è partito da terra ed è rimbalzato sulla parete accanto alla finestra».
C'è stata un'indagine interna, condotta con grande fretta. E i risultati sono inequivocabili. «La visione delle registrazioni delle telecamere - prosegue il ministro - ha dimostrato che non c'è stato accesso di estranei nel ministero». E allora che cosa è accaduto? Il giallo svanisce: «Dale testimonianze raccolte fra il personale del ministero, risulta che è stato sentito un grande urto sul muro».
Ecco il rimbalzo, la carambola. Una circostanza insolita, ma reale, che fa a pezzi tutte le teorie sul ritorno della violenza di Stato, su complotti e oscure manovre destabilizzanti. Da giovedì, quando Repubblica.it aveva diffuso il video della vergogna, le accuse si erano trasformate rapidamente in certezze e le certezze in sentenze. Di colpevolezza. Ancora più colpevole perché i lacrimogeni aleggiavano sullo sfondo delle botte, dei pestaggi, dei volti sfigurati dai manganelli.
Venerdì Repubblica mette in rampa di lancio il presunto scoop: «Video-choc, lacrimogeni dalle finestre del ministero». All'interno, la notizia viene proposta senza il corredo minimo di un qualche dubbio o diluendola con il condizionale: «Quei lacrimogeni lanciati dal ministero della giustizia». E il testo appare ancora più esplicito. Si descrive la fuga degli studenti lungo via Arenula. Poi si entra nel vivo: «Dal palazzo di fronte che è la sede del Ministero in rapida successione vengono sparati due lacrimogeni. Subito dopo, un terzo». Non ci sono se e non ci sono ma. «L'aria diventa pesante. I lacrimogeni sono stati sparati - presumibilmente da pistole diverse - dalle stanze sopra quelle del ministro».
Una storia incredibile che però viene comprata a scatola chiusa da quotidiani e programmi tv. Enrico Mentana twitta il suo disgusto: «Dal '68 ad oggi se n'erano viste di tutti i colori, quanto a proteste e scontri. Ma mai dei lacrimogeni lanciati dalle finestre di un ministero». E l'Unità mette insieme una galleria di presunti orrori pubblicando con grande evidenza un minialbum di foto delle vergogna. La prima mostra la colonna di fumo, lassù fra le finestre, e pare la prova regina di un comportamento folle e pericoloso. Il braccio violento della legge. Una sorta di far west nostrano, senza regole: «Ora chi ha sbagliato paghi», è il titolo che non ammette obiezioni.

Peccato che sia la stessa Repubblica, seppure un po clandestinamente, a smentire la versione «cilena» offrendo un'alternativa che sale sui muri. Ma non ci crede nessuno. La sentenza di condanna è già scritta. E viene riscritta giorno dopo giorno. Fino a scoprire che la polizia dev'essere assolta.

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