Busto Arsizio non ci sta «I razzisti? Quattro pirla»

Busto Arsizio non ci sta «I razzisti? Quattro pirla»

Il piatto tipico, «polenta e bruscitt» (straccetti finissimi di carne di manzo) rappresenta la sublimazione dell'identità bustocca. Neanche lumbard, badate bene, identità rigorosamente bustocca, appunto. Tanto che lo stesso piatto, cucinato a Gallarate, cinque chilometri più in là, e anche se più a Nord, viene considerato, come dire, apocrifo. Il gran maestro pasticciere della centralissima via Milano, Campi, ne ha fatto persino una versione dolce, la torta «polenta e bruscitt».
E qui, dalla pasticceria Campi, comincia, con la giusta dose di zucchero, il giro nella Busto Arsizio del razzismo e dell'intolleranza. Presunti. O, molto più probabilmente, inesistenti. Perché è subito qui, tra la compassata clientela di stimati professionisti e di relative mogli, amiche o compagne altrettanto stimate, che il «fattaccio» si nega e si sminuisce. «Macché razzismo e razzismo, mi faccia il piacere. A Busto siamo stati tra i primi ad accogliere gli immigrati d'ogni colore, basta che lavorino. Perché qui si lavora sodo. Da sempre», sottolinea, alzando il cappello, all'antica, in segno di saluto e di rispetto, il non più giovanissimo, azzimato interlocutore. «Il problema - gli fa eco la mamma con due bimbi indecisi tra il classico cannoncino e il più attraente “africano” (absit iniuria verbis, visto che quel pasticcino si chiama comunemente proprio così) è che noi come tanti altri siamo andati allo stadio per divertirci, per far capire ai nostri figli che il calcio deve essere divertente e amichevole. Poi quattro deficienti hanno rovinato tutto con i cori e i buu contro Boateng e adesso Busto è diventata la capitale dell'intolleranza».
Già quattro deficienti, o meglio qualcuno in più, che, mentre stiamo sondando gli umori della città, fanno le prime ammissioni di responsabilità. E allora ecco che al bar tabaccheria che sta quasi appiccicato al Tribunale, tra marche da bollo, sigarette e gratta e vinci la fila dei bustocchi doc si sgrana rapidamente: «Sciocchezze solo sciocchezze, qui la gente di colore, sì insomma i negher non ci hanno mai dato fastidio. Non c'è motivo per dargli addosso se sono onesti» taglia corto, tra i cenni di assenso degli astanti, il meccanico di una nota autofficina poco distante, guardando fisso dentro il fondo di un espresso. E il sindaco? Gioca in contropiede il pidiellino Gigi Farioli: «Persino Boateng ha dovuto riconoscere la nostra vicinanza e la nostra solidarietà, definendole straordinarie. D'ora in poi prima di ogni partita allo stadio Speroni verrà letto un messaggio dell'amministrazione comunale concordato con i dirigenti della Pro Patria che rappresenterà un duro monito contro altre eventuali e intollerabili intemperanze razziste. Mi sento ferito perché, a caldo, hanno cercato di dipingere una Busto che non c'è, e lo dico giurandolo sulla testa dei miei concittadini. Ma adesso dallo scandalo, che è nato per questa vicenda surreale, deve nascere uno scatto d'orgoglio. Diciamo che già da oggi Kevin-Prince Boateng è una sorta di cittadino onorario della città, infatti. Dopodiché abbiamo già posto le basi di un comitato per estirpare il razzismo negli stadi e fuori dagli stadi, del quale potrebbero far parte società sportive, amministratori comunali e dirigenti delle Leghe Calcio e calciatori come lo stesso Boateng. Ho inviato una lettera a Lilian Thuram, già impegnato in iniziative contro il razzismo, per chiedergli di diventare presidente onorario del comitato».
Ma non è tutto perché l'amministrazione comunale con la società Pro Patria ha deciso di costituirsi parte civile. «Busto Arsizio è un tempio dello sport per le famiglie, come ha sempre dimostrato soprattutto nella pallavolo con la Yamamay campione d'Italia femminile e il suo impegno per la pace è stato riconosciuto dall'Unesco».
«Per colpa di venti pirla (ma quanti erano alla fine questi pirla?, ndr) - sbotta Lele Magni, capotifoso “anziano” - da oggi tutta Busto sarà cattiva e razzista. Non più Pro Patria, ma patria dei violenti».


E l'allenatore? Aldo Firicano tecnico della gloriosa Pro Patria non è andato nel pallone ma resta con i piedi per terra. «Sul piano umano i giocatori rossoneri hanno tutte le ragioni del mondo. Peccato: una festa che è andata a monte per motivi brutti. Ma la rifaremo, ne sono convinto».

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