In calo la leadership politica dell’ex presidente E ora il lavoro di Profumo diventa più arduo

In calo la leadership politica dell’ex presidente E ora il lavoro di Profumo diventa più arduo

«E ora?». La domanda che rimbalza in tutti gli ambienti finanziari non ha ancora trovato una risposta. Ma è chiaro che da oggi nulla sarà più come prima. Perché, sebbene non indagato, la perquisizione negli uffici e nell’abitazione dell’ex presidente Mps e del numero uno dell’associazione bancaria italiana (Abi), Giuseppe Mussari, non destabilizza solo l’assetto dell’istituto di credito senese.
L’avvocato di origini calabresi, infatti, è in predicato per una conferma alla guida dell’Abi che aveva modificato il proprio statuto ad hoc proprio per «aprire» la leadership anche a coloro che non ricoprono incarichi in ambito bancario. E proprio in quanto guida dell’associazione, Mussari aveva assunto un ruolo mediatico sempre più rilevante negli ultimi sette mesi. In primo luogo, quando «scavalcò» la stessa presidente di Confindustria Marcegaglia nella stesura del Progetto per l’Italia, il manifesto degli imprenditori fortemente critico nei confronti dell’ex premier Berlusconi e che di fatto apriva la strada alla discesa in campo di Mario Monti.
In seguito, Mussari ha fatto sentire la propria voce sia per difendere il sistema (in primis Mps) dalle richieste dell’Eba, l’Authority europea che ha imposto alle banche italiane pesanti ricapitalizzazioni a causa dei Btp in portafoglio. E poi si è scagliato contro la norma del dl liberalizzazioni che azzerava le commissioni bancarie costringendo i «tecnici» alla retromarcia. Nonostante nel 2010 l’elezione di Mussari alla guida dell’Abi fosse stata «sponsorizzata» dalle grandi banche (Intesa e Unicredit) e dall’Acri di Giuseppe Guzzetti (per le Fondazioni bancarie) e questa fiducia non sia venuta meno, tuttavia adesso i suoi detrattori potrebbero avere buon gioco imputandogli non solo il coinvolgimento in una vicenda giudiziaria (Mussari ha diretto Mps sin dal 2001 prima nella Fondazione e poi nella banca), ma anche il non esser riuscito a migliorare la reputazione del sistema bancario presso l’opinione pubblica.
L’inchiesta senese su Antonveneta, però, potrebbe pesare «politicamente» su tutte quelle istituzioni che su Mussari si erano poggiate. A partire dall’Acri del «decano» Giuseppe Guzzetti per finire con l’associazione delle assicurazioni Ania che con l’Abi ha via via infittito le relazioni. Dal punto di vista più strettamente finanziario, è ipotizzabile anche una ripercussione su Mediobanca, advisor di Mps nell’operazione Antonveneta e della Fondazione senese nella risistemazione del debito contratto per seguire gli aumenti di capitale.
A valle si ritrova uno dei «grandi elettori» di Mussari alla presidenza Abi nel 2010, Alessandro Profumo, che dopo aver lasciato Unicredit è da poche settimane presidente della banca senese.

E per il superbanchiere, chiamato in virtù della sua esperienza a garantire un futuro migliore all’istituto (assieme all’ad Fabrizio Viola), il lavoro si farà più difficile. Perché tutto il management hanno un solo scopo: evitare il terzo aumento causato da Antonveneta e individuare un nuovo piano di crescita. Con o senza «alleati».

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