Alla Camera 104 dipendenti guadagnano più di Re Giorgio

Ben 104 tra documentaristi, tecnici e consiglieri sorpassano il tetto dei 238mila euro l'anno

Alla Camera 104 dipendenti guadagnano più di Re Giorgio

Eldorado Camera. Non è certo un mistero che il giardino incantato delle sontuose retribuzioni di Montecitorio abbia assunto nell'immaginario comune connotazioni quasi mitologiche. La realtà, però, molto spesso supera la fantasia. E andando a spulciare il quadro delle retribuzioni annue lorde dei dipendenti ci si rende conto che i titoli a effetto e le iperboli giornalistiche descrivono soltanto per difetto i contorni una vera e propria realtà parallela, lontana anni luce dal resto del pubblico impiego.

All'ombra di Montecitorio (e Palazzo Madama) dimora un piccolo esercito di lavoratori che può godere di ricchissimi trattamenti. Dipendenti con le più disparate qualifiche, uniti da un sistema di progressione degli stipendi così impetuoso da suscitare l'invidia di chiunque. Persino del Capo dello Stato. Sì, perché alla Camera ci sono ben 104 persone con stipendi superiori a quelli di «Re» Giorgio Napolitano, ovvero oltre i 238mila euro lordi, la soglia fissata come nuovo tetto massimo per le retribuzioni pubbliche. Un numero esorbitante che si compone di: 11 documentaristi-tecnici-ragionieri; 1 interprete-traduttore; 89 consiglieri-parlamentari. E poi naturalmente i due vicesegretari generali e il segretario generale, al vertice della piramide dorata.

Se il paragone con il presidente della Repubblica, surclassato dai terzi e quarti livelli di Montecitorio, è il dato più eclatante, appena meno clamoroso ma ugualmente stupefacente è il confronto con le retribuzioni dei tanto bistrattati parlamentari italiani. Basti pensare che i lavoratori di Montecitorio che guadagnano più dei nostri 630 deputati sono ben 522. Tra questi non solo documentaristi e consiglieri parlamentari - le fasce più elevate - ma anche semplici operatori tecnici, commessi, addetti alla vigilanza, assistenti parlamentari, collaboratori tecnici e segretari parlamentari.

In sostanza più di un terzo dei dipendenti della Camera guadagna più dei parlamentari che pure sono lì pro-tempore e sono sottoposti alla prova del voto ogni cinque anni (salvo impreviste interruzioni della legislatura).

I fortunati vincitori del concorso per l'ingresso a Montecitorio, inoltre, possono godere di inesorabili progressioni della loro busta paga. Le responsabilità in capo a quadri e dirigenti non sono paragonabili a quelle di altre figure apicali della Pubblica Amministrazione. Tanto per recuperare un esempio già utilizzato in passato la busta paga dei 174 consiglieri parlamentari ha in media lo stesso peso di quella di un primario ospedaliero, ma a fine carriera supera i 400mila euro lordi l'anno. Sul primario, però, grava la responsabilità di un reparto, i consiglieri svolgono attività di studio, ricerca o assistenza giuridico-legale.

A questo punto dopo mesi di annunci la maggioranza governativa è attesa al varco. Alla luce delle nuove regole governative, la Camera - alla quale bisogna dare atto di aver iniziato un percorso di trasparenza con la pubblicazione dei dati sul suo sito internet, pratica poco frequentate da altre amministrazioni - è chiamata a procedere rapidamente al taglio delle buste paga. La prima mossa dovrebbe essere l'abbattimento delle «retribuzioni monstre», quelle dei 104 dipendenti oltre la «soglia Napolitano». Poi bisognerà fissare dei tetti, una sorta di «salary cap». Una battaglia complicatissima perché in base alla autodichia parlamentare lo Stato sovrano di Montecitorio dispone di un solido scudo con cui proteggersi dai tagli.

Forza Italia è pronta a tenere il punto su una battaglia contro i privilegi della Pubblica Amministrazione che il capogruppo Renato Brunetta ha sempre condotto in prima persona. Bisognerà vedere, invece, come si muoverà il Pd chiamato a una sorta di corpo a corpo con una platea di dipendenti che storicamente, nella sua maggioranza, guarda con attenzione a sinistra.

A sferrare l'offensiva sarà Marina Sereni, vicepresidente della Camera con delega al personale. «Siamo al lavoro per intervenire sulle retribuzioni. Fisseremo un tetto per i dirigenti e, proporzionalmente, anche per gli altri livelli». L'ipotesi è di introdurre almeno tre o quattro soglie che i dipendenti delle varie fasce non potranno superare neanche al culmine della carriera.

Un intervento che vorrebbe essere realizzato mettendo d'accordo le dodici sigle sindacali interne. Una «missione impossibile» che secondo alcune previsioni potrebbe rischiare di tramutare l'annunciata «potatura» in una «spuntatina».

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