Roma - Sembrava chiuso e invece riesplode il caso Cancellieri. Perché spunta una terza telefonata dopo quelle già note, tra la Guardasigilli e la famiglia Ligresti sulla scarcerazione della figlia del patriarca Salvatore, Giulia, detenuta a Vercelli per l'affare Fonsai e poi passata agli arresti domiciliari. Oltre a numerosi contatti dal cellulare del marito del ministro della Giustizia, Sebastiano Peluso.
Telefonata, questa è la cosa più grave, taciuta o meglio negata dalla Cancellieri sia nella relazione in Parlamento del 5 novembre che nella testimonianza ai pm di Torino del 22 agosto, sui suoi rapporti con la potente famiglia milanese finita quasi al completo agli arresti a luglio per falso in bilancio e manipolazione di mercato.
Il voto alla Camera sulla mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 Stelle viene anticipato dal 21 al 20 novembre e a questo punto diventa più pericoloso per la Guardasigilli.
Rischia di sconquassare il governo Letta, il suo asse con il Quirinale, gli equilibri tra i partiti, in particolare il Pd che è dilaniato tra volontà di sostenere l'esecutivo, imbarazzo di difendere il suo ministro e lotte interne in vista delle primarie.
Ieri mattina, dopo la rivelazione di Repubblica dei tabulati con questo terzo contatto della Cancellieri con la famiglia Ligresti, i telefoni tra diversi esponenti democratici e il premier sono diventati incandescenti. Tutti a spiegargli la difficoltà di fare il bis del 5 novembre, quando con il Pdl il partito di Guglielmo Epifani ha fatto da scudo al ministro, mettendo a tacere forti maldipancia soprattutto dei renziani. Matteo Renzi disse poi in tv, a Servizio pubblico: «Se fossi stato segretario, le avrei chiesto di dimettersi». Ora per Epifani è più difficile insistere nella sua difesa.
«Non reggiamo, non possiamo», ripetevano alcuni esponenti Pd a Enrico Letta. E lui ha incominciato a pensare al piano di riserva, anche ad un possibile nuovo Guardasigilli che potrebbe essere Michele Vietti, vicepresidente del Csm.
È vero che Giorgio Napolitano, a quanto sembra, continua ad esercitare dal Colle una forte moral suasion per salvare la Cancellieri; è vero che lei ufficialmente alle dimissioni non ci pensa proprio. Ma il silenzio assordante dei partiti in queste ore testimonia la gravità e l'incertezza del momento.
Tacciono tutti. Perfino Beppe Grillo non infierisce sul ministro e si limita a dire: «Il problema non è lei ma il figlio che è stato pagato per non dire quello che ha visto». Riferendosi a Piergiorgio Peluso, ex manager Fonsai con liquidazione d'oro dopo appena un anno.
Il Pdl ha scelto il garantismo e ora è troppo preso dalle sue beghe interne. Il Pd non sa che pesci pigliare. Escono allo scoperto solo quelli che hanno sempre chiesto la testa della Cancellieri. Pippo Civati vuole un voto nel gruppo Pd a Montecitorio sulla mozione. Si appella a Renzi e a tutti quelli che lo seguono, «i suoi e i fassiniani, i veltroniani, i lettiani, i franceschiniani». Ernesto Carbone, il renziano che per primo ha chiesto le dimissioni, preme. Felice Casson insiste che l'ultima novità aggrava la situazione della Cancellieri e bisogna discuterne. I malumori montano. Il caso diventa l'ultima prova di forza tra i contendenti-leader. Il capogruppo Roberto Speranza deve convocare l'assemblea. Dovrebbe essere martedì ed è probabile che allora l'area renziana voterà per la sfiducia.
Dipende anche da altre rivelazioni possibili. A Montecitorio il ministro Dario Franceschini chiede insistentemente ai giornalisti di Repubblica se c'è qualche altro scoop. Scherza, solo a metà: «Se non ottenete le dimissioni di un ministro, non siete contenti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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