RomaPassata la sbornia degli «hurrà!» per l'annuncio delle primarie, nel Pdl si comincia a ragionare a freddo. E partono le prime perplessità. Tanti, troppi nodi sono ancora da sciogliere tra cui le regole del gioco, i candidati della corsa, la natura della competizione e il rischio che sia un mezzo flop. E c'è qualcuno che già arriccia il naso: sono sbagliate.
La prima incognita riguarda le regole. Alfano ha già convocato un tavolo per martedì prossimo che avrà il compito di scrivere il «come si gioca». L'inverno scorso, furono Anna Maria Bernini e Mario Valducci a occuparsi delle regole per i candidati sindaci. Ora si tratta di stilare quelle nazionali. Che sono sacrosante, come dice Guido Crosetto, tirato per la giacca da molti per convincerlo a correre: «No, non parteciperò - si sfila però il deputato - ma sono contento che si facciano e che si facciano così bene da obbligare Renzi a dire Vedete? Nel Pdl sono più seri di noi. Spero solo non si riducano a un pollaio dove si schiamazza soltanto per ottenere visibilità».
Proprio per ridurre questo pericolo, si vocifera di un filtro per i candidati. Il Pd ha stabilito una soglia di 20mila firme a sostegno di ogni candidato. Sarà così anche per il Pdl o la soglia sarà inferiore? E ancora: le firme dovranno essere raccolte su tutto il territorio nazionale o è sufficiente spremere il proprio bacino elettorale? Presto per dirlo. Di sicuro le elezioni saranno aperte: chiunque e non solo gli elettori di centrodestra, cioè, potranno dire la propria sui concorrenti. Altro dubbio: saranno di coalizione o di partito? Anche qui non c'è identità di vedute ma sembra prevalere la tesi che debbano essere una competizione per la premiership di tutto il centrodestra: «Dal momento in cui il nostro orizzonte è costruire la casa dei moderati, la gara dev'essere aperta a tutto il nostro mondo di riferimento. In fondo non si deve scegliere il segretario del partito che già c'è ed è Alfano», dice l'ex An Marcello De Angelis. E quindi siano benvenuti anche i Montezemolo, i Casini, gli Oscar Giannino e chiunque voglia parlare all'elettorato conservatore.
E quindi i candidati. Di sicuro, oltre ad Alfano, correranno Daniela Santanchè e Giancarlo Galan. Santanchè sventola il vessillo dell'anti-agenda Monti; Galan quello iperliberale. Indecisi se correre o meno ci sono il «formattatore» sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo che, al Giornale, dice: «Cautela: prima aspettiamo di vedere le regole». Poi Roberto Formigoni, Alessandra Mussolini e Francesco Storace. Mentre, da destra, in molti cominciano a pressare la Meloni. «Mi piacerebbe scendesse in campo Giorgia - ammette Fabio Rampelli - Potrebbe fare la Renzi del centrodestra, senza essere distruttiva come lo è Renzi con Bersani. Sarebbe complementare alla corsa di Alfano, dando voce al nostro elettorato più antimontiano».
Chi invece non ci sta proprio è Michaela Biancofiore: «Il partito si sta trasformando in quello che Berlusconi ha sempre odiato: un brulicare di correnti, soffocato dalla burocrazia da vecchia Repubblica imposta dagli ex An», dice amara la deputata che continua a fare il tifo perché ritorni il Berlusconi del '94. Ma va anche bene il Berlusconi del 2012.
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