Roma - Prendere tempo. La lunga cena a Palazzo Grazioli di mercoledì notte è servita più che altro a «congelare» la situazione, anche in vista dei ballottaggi di questo fine settimana. Silvio Berlusconi, reduce dal pranzo con Mario Monti, ha infatti chiesto che la frangia del partito più insofferente verso il governo abbassasse i toni e ha posticipato qualunque decisione sul Pdl al dopo amministrative. Cosa abbia in testa davvero l’ex premier forse non lo sa nessuno e di certo le strategie dipenderanno anche dalla futura collocazione di Pier Ferdinando Casini e da cosa farà Luca Cordero di Montezemolo della sua Italia futura. Non a caso sul tavolo c’è anche l’idea di lanciare la prossima settimana un grande appello a tutti i moderati per una «ricomposizione» dello schieramento di centrodestra, così da iniziare a capire quali sono gli spazi di manovra.
Quel che è certo, però, è che l’agitazione all’interno del partito resta altissima. Altrimenti non si spiegherebbe la valanga di smentite arrivata ieri all’ipotesi che si stia ragionando a uno «spacchettamento» del Pdl in due: con l’ala dei più antigovernativi che potrebbe costituire un gruppo parlamentare autonomo per poi dar vita a un movimento che guardi a quell’elettorato che in Francia si è spostato sul Fronte Nazionale di Marine Le Pen. Un partito che alle prossime elezioni si presenterebbe federato con il Pdl (quale sarà il suo nome) e con chi si riconosce nell’area di centrodestra.
Il primo a escludere che l’idea sia argomento di discussione è di buon ora Fabrizio Cicchitto. «Non esiste alcuna ipotesi di disarticolazione sulla destra e sul centro del Pdl», spiega il capogruppo alla Camera. E pure Altero Matteoli assicura che il partito «resterà unito senza dar luogo a nuovi movimenti più o meno pilotati». «Fantasie su scomposizioni e ricomposizioni sono fuori dalla realtà», gli fa eco il presidente dei senatori Maurizio Gasparri, seguito da Gianfranco Rotondi e Francesco Pionati, anche loro convinti che «spacchettare il partito sarebbe un suicidio assistito». In serata, durante Porta a Porta, pure Angelino Alfano - seppure in maniera più prudente - conferma: «Non abbiamo nessuna intenzione di ammainare la bandiera del Pdl, ma vogliamo fare qualcosa di più grande e importante».
Al di là delle pubbliche rassicurazioni e al netto del fatto che quasi tutto il gruppo dirigente di via dell’Umiltà è contrario, la questione è però sul tavolo. Tanto che da Ignazio La Russa - che da giorni è attivissimo nel sondare i colleghi in proposito - di smentita non ne arrivata alcuna. Anzi, nel vertice di Palazzo Grazioli ha detto di essere «pronto a fare un partito di destra». E non l’ha fatto a bassa voce.
D’altra parte, al di là del freno tirato imposto dal Cavaliere mercoledì sera, l’insofferenza verso il governo e la «strana» maggioranza che lo sostiene resta tutta come dimostra il muro contro muro in commissione Giustizia sul ddl anticorruzione. La seduta si è arenata tra le proteste di Pd, Idv, Udc e Lega, che hanno accusato il Pdl di ostruzionismo. Che ribatte puntando il dito sul Pd che non terrebbe fede agli impegni presi. Sembra, dice Enrico Costa, che vogliano quasi «sabotare il testo», altrimenti «non avrebbero rigettato in malo modo l’invito del ministro di evitare l’approvazione di un emendamento che prevede sanzioni sproporzionate e asistematiche». Ben più duro Alfano: «Se il Pd pensa di far rinascere un’alleanza con l’Idv per metterci in imbarazzo non è un metodo leale. Non vorrei che stiano puntando a creare incidenti per far saltare il governo».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.