Milano Si apre una settimana cruciale per il futuro del solare in Italia. E per la credibilità del Paese di fronte agli investitori esteri. Entro giovedì, infatti, sarà possibile presentare emendamenti al decreto «spalma-incentivi» che il governo vuole trasformare in legge «affossando l'intero settore fotovoltaico». L'allarme arriva da Enrico Del Prete director di Terra Firma che, per voce di ben 21 tra i più importanti fondi internazionali che investono nel settore, denuncia la gravità di un provvedimento «discriminatorio e retroattivo che rischia di sfociare in una durissima e miliardaria battaglia legale». Ma andiamo con ordine. Il governo Renzi ha deciso di rimettere mano (nuovamente) al sistema con il quale, negli anni, si è incentivato il settore fotovoltaico per abbattere i costi in bolletta. Come? Il dl mette sul piatto due opzioni: rimodulazione e allungamento da 20 a 24 anni del periodo di erogazione, oppure riduzione dell'8% degli incentivi. Tra queste due opzioni potrà scegliere, dal primo gennaio 2015, chi ha installato un impianto fotovoltaico di potenza superiore a 200 kW. «Tutti gli altri - spiega Del Prete - sono esclusi, come sono esclusi da questa revisione, e questo rende il provvedimento discriminatorio, gli altri settori del mondo green».
Ma ad avere un impatto devastante sul futuro dell'Italia in campo energetico e infrastrutturale è la retroattività che caratterizza la norma «e che va così a colpire chi gli investimenti in Italia li ha già fatti. Cambiare le carte in tavola in questo modo - spiega Del Prete - è molto grave e ha una conseguenza su tutte: far scappare gli investitori. E soprattutto delineare per l'Italia un nuovo futuro dove a investire saranno solo gli speculatori e non i solidi fondi che si impegnano nel lungo periodo.
Basti pensare che sull'onda di questa grave incertezza, proprio la settimana scorsa, come riportato dal Giornale, la quotazione di Fincantieri ha avuto dei problemi. E la perdita di credibilità che sta avendo l'Italia all'estero ha bloccato i sottoscrittori.
«A questo punto, se il governo non farà dietrofront non avremo alternative - spiega il director - se non quella di ingaggiare una multimiliardaria battaglia legale come è già avvenuto in Spagna e in Romania, e dove i contenziosi si stanno rivelando dei pericolosi boomerang per i governi. Non volevamo arrivare a questo punto, ma il governo non ci ha lasciato alternative rifiutando le nostre proposte, alternative e correttivi alle norme».
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