Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Enrico Giovannini, preso atto dei dati Ocse sui livelli di istruzione in vari Paesi del mondo, e constatato che l'Italia è in fondo alla classifica, ha affermato sconsolato che il quadro statistico dimostra quanto i nostri concittadini «siano poco occupabili». In realtà i livelli occupazionali in assoluto non sono rapportabili al grado culturale dei lavoratori. Ovvio che un giovane, più è preparato e più probabilità ha di trovare un buon posto, ma il tasso di disoccupazione è legato ad altri fattori. Per esempio, la moneta. Dove essa è più forte dell'economia, quest'ultima va a rotoli e offre meno opportunità di lavoro. Basta osservare ciò che accade in Europa con l'euro: la Grecia è al collasso, il Portogallo e la Spagna sono asfittici, l'Italia segue a ruota. Noi abbiamo (avevamo) un'importante industria manifatturiera che dava lavoro a milioni di persone. Adesso siamo in crisi, anche e soprattutto a causa della moneta unica ipervalutata, e l'occupazione è scesa in misura che desta allarme. Scenderà ancora finché i prodotti nazionali non saranno concorrenziali. Se la situazione non fosse come l'abbiamo sommariamente descritta, non si spiegherebbe il fatto che sino ad alcuni anni fa il tasso di disoccupazione fosse in linea con quello degli altri Paesi Ue, e ciò a prescindere dalla percentuale dei giovani laureati e diplomati che, peraltro, nella penisola ultimamente si è alzata.
Insomma, in passato eravamo più ignoranti di altri, ma avevamo più occupati. Ergo, le conclusioni cui è giunto il ministro Giovannini sono sbagliate. L'occupazione è una variabile indipendente dall'istruzione. Per costruire una sedia non servono né una laurea né un diploma, ma capacità artigianale e conoscenza del mestiere. Solo che oggi produciamo meno sedie che in passato. È solo un esempio, ma credo esauriente. Esaminando nel dettaglio le statistiche si scopre con facilità il perché della nostra ultima posizione nella graduatoria Ocse. L'Italia non è un Paese omogeneo, tra una regione e l'altra esistono profonde differenze di reddito, di densità industriale e di livello sociale. Dall'analisi dei dati si evince che il divario fra Nord e Sud rimane impressionante. Riportiamo un brano del commento scritto da Gianna Fregonara sul Corriere della Sera: «Chi va a scuola - soprattutto al Nord - ha performance molto più simili a quelle europee, ma chi lascia è del tutto perduto... La scuola fallisce là dove l'abbandono è molto al di sopra della media europea, quando la scelta della scuola da frequentare è sbagliata...». Siamo d'accordo. Il nostro sistema scolastico è deficitario, si è guastato per incuria e sciatteria dei governi che si sono succeduti dal 1970 in poi, ma è necessario ricordare - a titolo consolatorio - che nonostante tutto abbiamo fatto dei passi avanti. Un giovane su due uno straccetto di diploma ce l'ha. Purtroppo però il pezzo di carta non garantisce un posto di lavoro adeguato alle aspettative di chi l'ha conquistato sui banchi.
I motivi della disoccupazione non vanno pertanto ricercati esclusivamente nelle carenze di istruzione e di educazione, ma nel disastro economico cui assistiamo senza opporre al declino politiche efficaci. Aumentare sistematicamente la pressione fiscale, impoverire la gente e scoraggiarla con la minaccia costante di nuove tasse significa deprimere i consumi e la produzione. Non c'è via d'uscita. Abbiamo perso quote di sovranità nazionale, non comandiamo più in casa nostra e ubbidiamo, invece, alle direttive europee in contrasto con i nostri interessi. Fra l'altro, lo statistico ed economista Giovannini, burocrate d'antico pelo, cioè esponente egregio della Casta delle caste, quella che sta sopra anche ai politici professionali, per dare una botta definitiva alla fiducia nello Stato sta studiando di eliminare l'indicizzazioni delle pensioni superiori a 3mila euro il mese, mandando così a pallino il patto secondo il quale il lavoratore paga i contributi per tot anni e quando va in quiescenza riscuote un assegno proporzionale a quanto versato. Questo non è neppure un imbroglio, ma un tradimento.
I contratti si onorano, se il governo sgarra sprofonda nel disonore. Presto la ribellione non si scatenerà soltanto sui partiti, ma anche sui burocrati e sui boiardi. Siamo vicini all'esplosione, che avverrà al prossimo rincaro dei carburanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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