Bologna - L'inchiesta al rallentatore fa un balzo in avanti. Non è ancora finita la raccolta «enciclopedica» delle carte dei partiti che già si è costretti a scavare sul giallo di San Petronio. Ovvero, su quello che sarebbe accaduto la sera in cui Bologna si divertiva festeggiando il suo patrono. Alla periferia della città, dove svettano le torri di Kenzo, segno del potere regionale, qualcuno riempiva quattro sacchi dell'immondizia con chissà che cosa, verosimilmente documenti compromettenti, e li portava via nottetempo, come un ladro. Una storia che sarebbe finita nel nulla se, proprio mentre il quartetto se la svignava per la rampa che porta ai garage dei consiglieri, non fosse passato di lì, con la sua auto, Matteo Riva, ex dell'Italia dei Valori, oggi nella diaspora del gruppo misto. E se Riva non avesse deciso di raccontare al Giornale la strana storia che potrebbe anche essere una singolare coincidenza, ma va comunque esaminata con cura.
Risultato: ieri il Giornale pubblica con grande rilievo l'inquietante vicenda e qualche ora più tardi, dopo pranzo, le Fiamme gialle telefonano a Reggio Emilia a casa di Riva e lo invitano a raggiungere la procura per una convocazione urgente. È il segnale che i Pm, alle prese con una colossale ipotesi di peculato per ora contro ignoti, fanno sul serio e non intendono trascurare alcun particolare.
In effetti, l'inchiesta è per certi aspetti ancora ai blocchi di partenza e questo potrebbe favorire colpi di coda di chi ha la coscienza sporca e vorrebbe far sparire le tracce di comportamenti poco virtuosi. Le Fiamme gialle fanno quello che possono ma i blitz, partito per partito, sono stati scaglionati sul calendario a causa delle dimensioni esagerate della documentazione da portare via, in caserma. Impossibile comprimere l'acquisizione di tutto il materiale in una giornata. E così le visite dei militari vanno avanti e non sono ancora terminate: il gran finale è previsto lunedì quando la Guardia di finanza busserà alla porta del Pd, il partito - o meglio la sua estensione post Muro - che a Bologna fa il bello e il cattivo tempo dal 1945.
A parole tutti minimizzano e si dicono tranquilli, ma sotto la crosta dell'apparente diversità emiliana, si avvertono gli scricchiolii di un sistema che già faceva acqua. Le dimissioni, per un'avvilente storia d'amore e di carte di credito, del sindaco Flavio Delbono; lo scivolone del governatore Vasco Errani sui soldi della cooperativa Terremerse e ora la snervante attesa della lettura dei bilanci dal 2005 in poi. Che cosa salterà fuori? Le notizie che arrivano dalle tori promettono temporale. Viaggi all'estero all inclusive, interviste a pagamento confezionate da giornalisti in ginocchio, assunzioni di parenti, rimborsi chilometrici da Formula 1, congressi fantasma pagati con i soldi destinati a impegni istituzionali, e ora (vedi altro pezzo in questa stessa pagina), anche l'uso disinvolto delle auto blu. Ci vorrà tempo per esaminare scontrini, fatture, ricevute, in una parola i bilanci dei diversi gruppi dal 2005. Un'opera mastodontica, anche se una prima importante tranche, quella relativa all'ex capogruppo dell'Idv Paolo Nanni, potrebbe concludersi nel giro di poche settimane.
Ma ecco che giovedì sera Riva incrocia i quattro strani personaggi. «Sono andato in ufficio - racconta al Giornale - anche se per Bologna era un giorno festivo e quando sono uscito ho trovato la sorpresa: quei quattro che camminavano al buio sulla rampa dei box. Sulle spalle portavano sacchi neri, all'apparenza carichi di carte. Li ho salutati e loro si sono girati dall'altra parte». Strano.
Che ci facevano lì, mentre i bolognesi riempivano la serata con aperitivi e fuochi d'artificio? «Di sicuro prosegue Riva - non erano dipendenti di qualche impresa di pulizie che lavora nelle torri e nemmeno erano facce conosciute». Una storia dai contorni ancora poco chiari. Riva, 43 anni - figlio del professor Giovanni, pioniere di Comunione e liberazione in terra emiliana e fondatore della gloriosa casa editrice Città armoniosa, scomparso in aprile - non è tipo da tirarsi indietro: chiede le riprese delle telecamere della zona, ma in Regione gli rispondono che prima ci vuole la denuncia ala magistratura. Non ce n'è bisogno, perché è la magistratura a chiamare lui.
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