Casini e Bersani si mandano a quel paese

Il segretario Pd: "Pierferdy morirà di tattica". Il leader Udc: "Non siamo suoi sudditi". E Monti si candida al bis

Casini e Bersani si mandano a quel paese

Roma - Casini? «Da ricovero» se pensa al Monti bis, e comunque «morirà di tatticismi». Bersani? Abbia il coraggio di dire «come Grillo che vuole tenersi il Porcellum», e in ogni caso «non saremo suoi sudditi».
Lo scontro tra il leader del Pd e quello dell'Udc, che si descrivono come gli alleati strategici della futura maggioranza, arriva a un livello di decibel mai raggiunto prima. Tutta colpa del pasticcio sulla legge elettorale, ancora bloccata in Senato sul testo modificato con un «colpo di mano» da Udc e Pdl (soglia del 42,5% per accedere al premio di coalizione), e dello scenario sempre più confuso per la prossima legislatura. Nel quale irrompe a gamba tesa il tanto evocato Monti, spiegando serafico (stavolta al trimestrale francese Politique Internationale), che «nell'ipotesi in cui fosse impossibile costituire una maggioranza, io sarei là. Se servisse continuerei». E anche se da Palazzo Chigi si affannano a spiegare che l'intervista è stata realizzata tempo fa, a settembre, il senso cambia di poco.

Bersani è inferocito per i tira e molla sulla legge elettorale, e per i tentativi che sospetta siano in opera da molte parti (da destra al centro, passando anche per il Colle) di ostacolare una vittoria elettorale che si sente già in tasca. Per lui, e i suoi lo dicono chiaramente, «tenersi il Porcellum sarebbe a questo punto l'optimum», nonostante il rischio di non avere una maggioranza al Senato e di rendere l'Udc ago della bilancia. E nelle ultime ore ha trovato un alleato fondamentale, in questa battaglia: Beppe Grillo. L'accusa mossagli a gran voce da Casini anche ieri («Se vogliono tenere il Porcellum, lo dicano e spieghino che è giusto che chi ha il 30% dei voti prenda il 55% dei seggi») ora spaventa molto meno lo stato maggiore Pd, visto che il comico genovese ha dichiarato guerra alla riforma «golpe» e assunto in proprio la difesa del Porcellum.
E quindi il leader Pd detta le condizioni sotto le quali non intende scendere: la soglia per il premio di maggioranza alla coalizione deve calare al 40% (che secondo Franceschini potrebbe persino costituire un incentivo a favore del centrosinistra, perchè «innesca la corsa al voto utile») e un premio del 10% al primo partito, se la soglia non viene superata. Ossia 60 deputati in più, e la garanzia di essere «il partito che dà le carte». Altrimenti, spiega Nicola Latorre, sarà «Viet Nam parlamentare», col rischio «che la riforma affondi alla Camera», perché «persino il Porcellum è meglio della roba che hanno inventato Pdl, Lega e Udc».

La sfida a Casini è chiara: «Decida dove andare». In casa Pd sono convinti che il leader centrista continui a evocare il Monti bis solo per tattica elettorale: «Deve cercare di prendersi i voti in fuga dal Pdl e non può certo dire ora che poi sposerà Bersani», spiega un dirigente, e che quindi appoggerà la mediazione proposta dal Pd. Quanto al Pdl, «pur di non tenersi il Porcellum e doversi quindi dividere i seggi con le altre opposizioni, finendo decimati, cederanno anche loro».


Ma per varare la nuova legge elettorale, spiega calendario alla mano Roberto Giachetti, che prosegue il suo digiuno anti-Porcellum, «restano solo 25 giorni di lavoro, di qui alla fine della legislatura». Il countdown è agli sgoccioli.

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