Caso Mediaset, primo schiaffo ai pm

Caso Mediaset, primo schiaffo ai pm

Milano Per la prima volta da quando questo tormentone politico-giudiziario ha preso il via, i giudici di Milano vanno incontro alla richieste di Silvio Berlusconi andando anche aldilà delle aspettative del Cavaliere: e concedendogli non il semplice rinvio di una udienza ma addirittura una lunga pausa - quasi un mese - per consentirgli di partecipare alle trattative per il nuovo governo senza il grattacapo del processo per i diritti tv. È una generosità tanto più inattesa perché non richiesta, e perché viene da una Corte che appena pochi giorni fa aveva ordinato la prosecuzione dell'udienza nonostante l'ex premier fosse ricoverato in ospedale per il noto inciampo dell'infezione agli occhi. Difficile non vedere in questo cambio di rotta gli influssi dell'appello che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva lanciato la settimana scorsa al Consiglio superiore della magistratura, invitando le toghe a consentire al fondatore del Pdl di svolgere in pieno il suo ruolo politico.
Ieri Niccolò Ghedini e Piero Longo, legali di Berlusconi, avevano chiesto alla corte di rinviare l'udienza in considerazione della riunione dell'ufficio di presidenza del Pdl, fissato per la mattina: cioè il tipo di impegno - più politico che strettamente istituzionale - che finora i giudici avevano quasi sempre respinto. Ecco invece il passaggio chiave dell'ordinanza che Alessandra Galli, presidente della Corte d'appello che sta processando Berlusconi per frode fiscale, legge alle 11,19: «L'impegno dell'imputato Berlusconi va inquadrato nel contesto istituzionale laddove è stato appena conferito l'incarico a formare il governo, affidato nel pomeriggio di ieri dal presidente della Repubblica ad esponente di diversa formazione politica a cui devono seguire in tempi ravvicinatissimi i contatti con i principali esponenti delle altre forze politiche tra cui l'odierno imputato».
Ergo, ci si rivede il 20 aprile. Una sorta di lunga licenza dagli impegni da imputato. Per la sentenza (la Corte deve decidere se confermare i quattro anni di carcere inflitti in primo grado) c'è tempo, anche perché nel frattempo la prescrizione viene sospesa.
Certo, c'è da vedere se domani il tribunale del caso Ruby prenderà la stessa decisione. Ma intanto il segnale di disgelo è evidente. E comunque è assai improbabile che a Ilda Boccassini venga concesso di concludere la sua requisitoria, visto che la Cassazione ha avviato l'iter per esaminare la richiesta di Berlusconi di spostare entrambi i suoi processi da Milano a Brescia: e, come ha sottolineato ieri la difesa dell'ex premier, in questi casi il codice obbliga a sospendere anche le discussioni finali, ovvero arringhe e requisitorie.
Qualcosa, insomma, sembra muoversi. L'ipotesi di un salvacondotto giudiziario che permetta a Berlusconi di fare un passo indietro senza l'assillo delle condanne continua a essere un po' fantascientifica, perché troppi sono i giudici coinvolti nei processi al fondatore del Pdl. Ma l'appello di Napolitano sta lentamente sortendo i suoi effetti. E in questo quadro diventa decisiva la partita che si giocherà in Cassazione, quando l'istanza di togliere i processi a Milano verrà concretamente affrontata. La sesta sezione - cui il primo presidente Ernesto Lupo ha affrontato la pratica - è una delle due sezioni specializzate in reati economici e finanziari; e, anche in tempi recenti, ha preso decisioni indigeste per la Procura milanese.

Le possibiltà che la richiesta di Berlusconi venga accolta continuano ad essere modeste. Ma se la Cassazione dovesse spedire tutto a Brescia, l'intera storia del conflitto tra Berlusconi e la magistratura cambierebbe di segno.

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