Il caso Il ministro Riccardi si sfila: «Non correrò a sindaco»

RomaAdesso i bene informati dicono che Nicola Zingaretti non era così entusiasta di accettare la candidatura per le impreviste elezioni regionali. Sono, però, solo pettegolezzi. L'importante è applaudire all'annuncio della sua candidatura per la Pisana ed elargire ai media, insieme con il diretto interessato, sorrisi convincenti. Un fatto, però, è certo. E a sottolinearlo è quello che avrebbe dovuto essere, di qui a sei mesi il suo avversario «naturale». «Per mesi Zingaretti è stato il candidato della sinistra al Campidoglio - tuona il sindaco Alemanno - , e poi con un colpo di penna, senza primarie, è scomparso. I romani hanno visto che a sinistra non c'è un rapporto stretto e umano tra le candidature e la vita della città».
Già perché fino all'altroieri l'attuale presidente della Provincia di Roma era dato come sfidante per la poltrona di sindaco. E la sua candidatura, con ogni probabilità, avrebbe reso inutile il ricorso alle primarie cittadine. Poi tutto è saltato. A iniziare dai nervi del segretario cittadino, Marco Miccoli, e del capogruppo alla Pisana Esterino Montino. I due, in fondo, rappresentano le due anime del Pd romano.
Il primo movimentista (e, per i più maligni detrattori, anche populista), il secondo uomo d'apparato, dalla lunga militanza e dall'altrettanto lunga permanenza sugli scranni regionali. Adesso che anche il nome di Andrea Riccardi, come possibile candidato al Campidoglio per una larga (e moderata) alleanza di centrosinistra, è sfumato, si deve ricominciare tutto da capo. Riccardi si è tirato indietro dopo che la Federazione romana del Pd aveva fatto sapere con la voce determinata del suo segretario Miccoli che le primarie (in calendario per il prossimo 20 gennaio) si sarebbero fatte lo stesso, con o senza l'attuale ministro del governo Monti.
Scomparsi, dunque, dalla scena Zingaretti e Riccardi, nel Pd romano rimangono soltanto gli stracci che i due «avversari» si sono lanciati in questi giorni. Ieri Montino ha reagito da par suo agli sprezzanti giudizi lanciati da Miccoli sui consiglieri regionali uscenti del Pd, definendolo tra l'altro «buono per i centri sociali». Proprio non gli è andata giù l'affermazione del segretario romano che, sulle pagine dell'Unità, aveva commentato così il caso Fiorito: «Non è possibile che il convento sia povero e i frati ricchi, metà dell'indennità vada al partito non ai comitati elettorali». Nei circoli romani si mugugna, infatti, senza sosta che il gruppo consiliare in Regione si arricchiva mentre si tagliavano i posti letto negli ospedali. «Prima delle “epurazioni” - concede Miccoli - bisogna comunque capire in cosa abbiamo sbagliato in questi anni visti i risultati (con la Regione guidata da Storace, Marrazzo e la Polverini)».
Insomma l'imperativo categorico sembra il seguente: il prossimo sindaco deve essere targato Pd.

Luigi Nieri (Sel) però non ne è così sicuro e confida proprio nelle primarie affinché il Pd sia costretto a siglare accordi precisi con gli alleati. Che in città come Genova e Milano - ricorda Nieri - hanno vinto le primarie e quindi conducono il gioco.

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