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Per la Cassazione Daccò non deve stare in carcere: "Bancarotta? Niente prove"

La Cassazione annulla il fermo dell'imprenditore per bancarotta deciso dal tribunale di Milano: "Manca la prova di consapevolezza da parte di Daccò"

Per la Cassazione Daccò non deve stare in carcere: "Bancarotta? Niente prove"

Manca la prova che Pierangelo Daccò, l’intermediario di affari in campo sanitario arrestato dopo il crack del San Raffaele, fosse consapevole dello stato di dissesto dell'ospedale poi approdato al concordato preventivo. È questa la motivazione con cui la Cassazione ha annullato la misura cautelare del carcere per Daccò. Per la Suprema Corte, infatti, "l’aspetto non risulta concretamente sviluppato dai giudici di merito".

Oggi la Suprema Corte ha disposto un nuovo esame nei confronti di Daccò spiegando che lo scorso 19 novembre il tribunale di Milano ha "omesso di motivare" se Daccò fosse "consapevole dello stato di 'grave crisi' della Fondazione da cui aveva ricevuto le cospicue somme di denaro indicate nell’imputazione". A questo punto la Quinta sezione penale, accogliendo il ricorso della difesa del commercialista, ha disposto un nuovo esame davanti al tribunale milanese. Secondo Piazza Cavour sarebbe, quindi, "meritevole di un esame più approfondito" l’aspetto, che non risulta concretamente sviluppato dai giudici milanesi, dell'esistenza del dolo del concorrente extraneus nell’ambito del contestato reato proprio di bancarotta per distrazione.

Nelle motivazioni pubblicate oggi la Cassazione ha ricordato che "oggetto della vicenda è la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in capo al percettore quale concorrente extraneus nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, di determinate somme versate dall’imprenditore che, successivamente, sia stato ammesso al concordato preventivo". La Suprema Corte ha poi spiegato che il tratto saliente della nozione di "distrazione fraudolenta" in sè comporta la consapevole e ingiustificata esposizione a repentaglio delle ragioni dei creditori.

Insomma, il giudice, cosa che non è stata fatta, "per una corretta valutazione della posizione dell'extraneus, deve giovarsi di una rigorosa dimostrazione del sufficiente contenuto rappresentativo dell’emento psicologico, focalizzato sul concreto rischio di insolvenza, anche se non qualificato da una specifica volontà di cagionare danno ai creditori dell’imprenditore".

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