Il Cav: noi all'opposizione ma meglio Matteo di Enrico

Berlusconi osserva la faida Pd e rivela: una staffetta favorirebbe le riforme Forza Italia, niente Ufficio di presidenza: via al comitato ristretto con Toti

Il Cav: noi all'opposizione ma meglio Matteo di Enrico

Potesse scegliere, racconta nel corso di una telefonata mattutina, la soluzione migliore sarebbe quella di ridare la parola agli italiani e tornare alle urne al più presto. Di certo, spiega Berlusconi al suo interlocutore, Forza Italia non è disponibile ad appoggiare né questo governo né un eventuale esecutivo guidato da Renzi. Perché, è il senso del ragionamento, anche se con il segretario Pd è in corso un «confronto molto costruttivo» sul fronte delle riforme l'elettorato non capirebbe un'altra riedizione delle larghe intese. «Fi e Pd – insiste – restano alternativi».

Detto questo, non c'è dubbio che tra Enrico Letta e il sindaco di Firenze la preferenza dell'ex premier cada decisamente sul secondo. Che se davvero dovesse andare a Palazzo Chigi non avrebbe dalla sua i voti di Forza Italia ma potrebbe però contare su un Berlusconi disponibile al confronto e pronto a sostenere il governo tutte le volte che lo ritenesse opportuno. Un approccio da «opposizione responsabile e disponibile», nell'interesse della stabilità e del Paese visto che nella testa del Cavaliere la priorità resta quella di riformare la legge elettorale e abolire il Senato. Il confronto in corso con il Pd, insomma, non deve subire alcuno stop e gli eventuali intoppi sulla via dell'intesa debbono essere limitati al minimo.
Per tutte queste ragioni il leader di Forza Italia guarderebbe con favore ad un passaggio di consegne tra Letta e Renzi. Non solo perché l'intesa con il segretario Pd è ottima ma pure perché se il suo interlocutore arrivasse a Palazzo Chigi il percorso delle riforme sarebbe di certo più sicuro. Una prospettiva che al momento fa a sbattere contro il Quirinale visto che Napolitano ha fatto sapere di essere «assolutamente contrario» ad una staffetta e favorevole ad un Letta bis.
Berlusconi (che secondo un sondaggio di Virus il 30% degli italiani vorrebbe premier), però, è alle prese anche con la riorganizzazione del partito. E se continua a non arrivare la nomina dell'Ufficio di presidenza, viene invece varata la commissione per le Europee, una sorta di comitato presieduto dal Cavaliere che si occuperà dell'elaborazione del programma e delle candidature. Ne fanno parte i capigruppo Brunetta, Romani e Baldassarre, Verdini e Toti. Insomma, un gruppo di lavoro ristrettissimo che non tanto nella dicitura quanto nei compiti molto assomiglia a quel comitato che aveva in mente l'ex premier e che voleva affidare al coordinamento proprio di Toti (che oggi a Brescia farà la sua prima «uscita» pubblica come «ospite d'onore» agli Stati generali del centrodestra organizzati dalla Gelmini). Per l'ex direttore di Tg4 e Studio Aperto, insomma, una decisa vittoria nel braccio di ferro con i cosiddetti lealisti che sembrano perdere terreno. Peraltro, pare che Berlusconi non abbia affatto gradito la nota serale di giovedì con cui Fitto precisava di essere «pronto a dare una mano» ma di non far parte di alcuna commissione (un comunicato di Forza Italia lo aveva inserito nella commissione che si occuperà delle alleanze in vista delle amministrative). D'altra parte, l'ex ministro caldeggia da tempo la nomina di un Ufficio di presidenza di 35-40 membri come luogo destinato al confronto interno, mentre il Cavaliere almeno per il momento non ne vuole sapere. L'organigramma, insomma, procede a piccoli passi. E dopo la nomina della Rossi a capo dello staff della Presidenza («terremo il partito unito», promette la senatrice) arriva anche quella di Giacomoni a segretario della Conferenza dei presidenti dei comitati regionali di Forza Italia.

Qualche novità anche sul fronte europeo. Da una parte perché Berlusconi avrebbe chiamato Junker per dargli il suo sostegno come candidato Ppe alla presidenza della Commissione Ue. E dall'altra perché le ultime proiezioni sul Parlamento europeo danno il Ppe con 25 seggi di vantaggio sul Pse.

E qualcosa più di 20 sono i seggi che Forza Italia dovrebbe portare a casa, diventando di fatto l'ago della bilancia. Non è un caso che tra i Popolari europei nessuno si sia più sognato di sindacare sull'appartenenza di Forza Italia al Ppe.

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