Il Cav punta al risiko Sicilia per convincere Casini

Prendere tempo. Ancora una volta, almeno per qualche settimana. Questo avrebbe in mente un Berlusconi che da una parte non esclude nuove sorprese in Lombardia e dall'altra considera fondamentale il risultato delle elezioni siciliane. Temporeggiare, dunque. Come accade ormai da mesi. Al punto di rinunciare anche al previsto collegamento telefonico con la convention dei Dc del Pdl organizzata a Saint Vincent da Rotondi. Niente telefonata, ma un meno impegnativo messaggio scritto.
D'altra parte il panorama continua a cambiare di giorno in giorno e fare previsioni o disegnare scenari futuri è ancora piuttosto difficile. C'è il Lazio dove si dovrà votare presto, c'è la Sicilia dove si va alle urne il 28 ottobre e c'è la Lombardia che secondo molti non reggerà oltre la primavera nonostante l'azzeramento voluto da Formigoni. Peraltro, secondo alcuni il fatto che il governatore si sia dato due settimane per la nuova giunta è un modo per prendere tempo e cercare di capire come si evolverà la situazione: da un punto di vista politico (in Lega c'è chi spinge per l'appoggio esterno) e sotto il profilo giudiziario (la vicecoordinatrice regionale del Pdl Beccalossi non esita a dire che «la ventata d'inchieste non è finita»). Insomma, che Formigoni arrivi al 2015 non lo crede nessuno e anche i più ottimisti non lo vedono andare oltre la primavera. Il punto, però, è che in molti temono che sia stato un errore restare al Pirellone («fossi stata in Formigoni mi sarei dimessa», dice Santanchè) e che nei prossimi giorni non siano da escludersi sorprese.
Ecco perché Berlusconi si muove con una certa circospezione. Non solo per il timore che le inchieste non si fermeranno, ma anche perché a questo punto non si può non attendere il risultato delle regionali siciliane del 28 ottobre. L'appello ai moderati, infatti, il Cavaliere l'ha fatto e ribadito ancora ieri nel suo messaggio a Rotondi (seppure evitando di riprendere il discorso del passo indietro). «Sottrarre al centrodestra anche un solo voto - ha scritto l'ex premier - sarebbe un errore imperdonabile. Se i moderati si uniranno, saranno di nuovo la maggioranza del Paese e vinceranno le elezioni. Se invece andranno divisi, l'antipolitica potrà pescare tra i delusi e la maggioranza andrebbe alla sinistra». E ancora: «Con la sinistra gli italiani avrebbero più tasse e meno lavoro, la patrimoniale e lo stato di polizia». Tutti concetti ripetuti a Rao, deputato Udc e braccio destro di Casini incontrato giovedì sera a un matrimonio a Villa Miani: «Devi dire a Pier che non possiamo consegnare il Paese alla sinistra».
La mossa, insomma, Berlusconi l'ha fatta. E, viste le note resistenze, forse solo una vittoria di Musumeci in Sicilia potrebbe convincere Casini a rivedere la sua posizione. Questo, almeno, sperano a via dell'Umiltà. Se Crocetta - candidato a Palazzo dei Normanni di Pd e Udc - dovesse uscire sconfitto dalle urne, per l'ex presidente della Camera inizierebbe a essere difficile resistere alle pressioni che già arrivano non solo da Oltretevere (dove non sembrano entusiasti di un eventuale governo Bersani-Vendola). E al momento la partita è apertissima, con i sondaggi che registrano un vero e proprio testa a testa. L'ultimo, di ieri, è quello di Ipr commissionato dal Pd: Crocetta al 30%, Musumeci al 29, Micciché al 18 con un 26% di elettorato che si dice ancora indeciso.

Ancora incerta, invece, la partecipazione in prima persona del Cavaliere alla campagna elettorale. Molti dirigenti del Pdl siciliano stanno insistendo, ma l'ex premier non sembra troppo convinto di associare la sua persona a un Pdl che considera ormai «morto e sepolto».

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