Roma - La due giorni in cui Matteo Renzi ottiene la fiducia da Senato e Camera il Cavaliere la osserva dal suo studio di Arcore. Alle prese con i diversi ricorsi presentati per potersi candidare alle elezioni Europee di fine maggio e con alcuni nodi organizzativi relativi al partito: non solo la nomina del nuovo comitato di presidenza azzurro in Lombardia, ma pure una lettera a tutti gli eletti nella quale si annuncia per il 30 giugno la chiusura del tesseramento di Forza Italia e per la prima metà di luglio i congressi provinciali, cosicché «prosegua rapidamente l'attività di consolidamento sul territorio». Nessuna traccia, invece, della nomina di quell'Ufficio di presidenza che da tempo i cosiddetti lealisti chiedono con forza e che Silvio Berlusconi non ha intenzione alcuna di concedergli, convinto com'è che un simile organismo diventerebbe una sorta di comitato centrale del partito. E che l'ex premier nonostante i tanti mal di pancia interni preferisca una struttura più snella non è un mistero per nessuno.
Un Cavaliere che continua dunque a guardare al rilancio della macchina azzurra e che segue in parallelo il doppio binario del partito e quello dei club. Chi ha avuto occasione di sentirlo negli ultimi giorni, d'altra parte, al di là delle lodi per la verve con cui Renzi si è presentato davanti al Parlamento lo ha ascoltato ripetere diverse volte che l'obiettivo su cui puntare sono le Europee. Che mi permettano o no di candidarmi è il senso dei suoi ragionamenti dobbiamo fare un risultato che non lasci dubbi e che si avvicini quanto possibile al 30%. È questa, insomma, la sfida su cui si sta concentrando Berlusconi, convinto peraltro che il Pd pagherà elettoralmente il fatto che Renzi sia arrivato a Palazzo Chigi senza passare per le urne. L'ex premier, peraltro, è deciso anche a giocare la partita in prima linea, con comizi e interviste. Almeno si sfoga in privato «finché me lo permetteranno», visto che il timore è che per l'esecuzione della sentenza sui diritti tv Mediaset - alla fine non si limiteranno all'affido ai servizi sociali (che avrebbe chiesto a Milano) ma si spingeranno fino a dargli i domiciliari così da limitare al massimo la sua presenza in pubblico. E forse è anche per questo che nelle scorse settimane ha voluto ufficializzare la nomina di Giovanni Toti a suo consigliere politico mandandolo praticamente in tutte le trasmissioni tv. Dovesse davvero finire con i domiciliari, infatti, sarebbe lui l'uomo immagine del Cavaliere nella prossima campagna elettorale. Sospeso, invece, il giudizio su Renzi. Come dice Denis Verdini, il neo premier «è un personaggio che parla agli elettori come Berlusconi» o, per usare le parole di Augusto Minzolini, entrambi «sanno interloquire con il Paese». Però, ripete il Cavaliere, aspettiamo la prova dei fatti. Nonostante Verdini si dica convinto che «il patto sulle riforme regge», il timore neanche tanto celato è infatti che il segretario del Pd stia facendo il doppio gioco.
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