Giudici, sinistra radicale, cespugli di centrodestra: quante mine lastricano la strada della pacificazione nazionale. Berlusconi ha la conferma che chi vuole farlo fuori definitivamente non si fermerà. Appena siglato l'accordo con Renzi per ridisegnare i contorni della Terza Repubblica, i magistrati si fanno sentire. Alla Procura non va giù che il Cavaliere possa ancora dire la sua in politica e così, con tempismo elvetico, fissa al 10 aprile l'udienza per l'applicazione della sentenza Mediaset con l'affidamento ai servizi sociali. Museruola proprio a ridosso dell'esordio della campagna elettorale per il 25 maggio, data in cui si vota per alcune amministrazioni locali e per le europee. «Non ammettono che sia rimasto al centro della vita del politica del Paese - considera amaro l'ex premier -. E questo nonostante io rappresenti dieci milioni di italiani». La linea è quindi quella di stigmatizzare la magistratura militante. Partono le dichiarazioni di doglianza da Renato Brunetta: «È il modo con cui lo strapotere giudiziario interviene sullo storico accordo tra Berlusconi e Renzi, con l'esito oggettivo, e non vorremmo preordinato, di delegittimarlo»; da Anna Maria Bernini: «Certa magistratura ormai non si preoccupa più non solo di essere ma anche di apparire imparziale».
Non che il Cavaliere, che si ritaglia una settimana di relax e di dieta alla Maison du relax, un centro benessere sul lago Maggiore, non se lo aspettasse: «Non si rassegnano all'idea che io non sono affatto morto politicamente», dice. Così come si aspettava la levata di scudi da parte dell'ala radicale e intransigente del Pd. Erano stati gli stessi esponenti renziani di via del Nazareno ad avvisarlo, tramite Verdini e altri forzisti: «Ci metteranno i bastoni tra le ruote, ma noi andiamo fino in fondo». E il presidente ad annuire, compiaciuto dalla determinazione di Renzi e allo stesso tempo preoccupato che le sue resistenze interne possano bloccare l'iter delle riforme. Il Cavaliere scuote la testa: «Nel Pd ci sono ancora sacche di sinistra ideologica. Speriamo che Matteo, che è in gamba, riesca ad avere la meglio sui suoi avversari». Avversari piddini che hanno già fatto capire di voler minare il percorso delle riforme. Berlusconi non condivide ma ne comprende le ragioni: gli anti-Renzi oggi in Parlamento non avrebbero scampo alle prossime elezioni; soprattutto se restano i listini bloccati. A quel punto sarà il sindaco di Firenze a fare le liste elettorali e per loro non ci sarà scampo. Ecco che, quindi, parte del Pd farà di tutto per affossare le larghe intese.
L'altro ostacolo alle riforme sono i cespugli del centrodestra. I piccoli partiti, con l'italicus, sono quasi all'angolo. Al Cavaliere, soltanto dal punto vista personale, spiace che tra questi ci sia pure Alfano. Il quale o torna all'ovile o andrà a schiantarsi. «Sul bipolarismo sono d'accordo con Renzi e anche Angelino la pensava come me: indietro non si torna. Dovrà scegliere, o di qua o di là». Tertium non datur. Almeno fino ad ora. E il fattore tempo diventa fondamentale. Sia per Berlusconi sia per Alfano. Il Cavaliere aspetta che decollino i club Forza Silvio in fase reclutamento volti nuovi; il secondo spera di avere almeno un anno perché dal seme del Nuovo centrodestra possa crescere una piantina capace di dare un frutto.
Intanto il lealista Fitto prepara il terreno al Cavaliere con una festa-manifestazione domenica a Bari: «Un appuntamento - spiega Fitto - che vuole ricordare il senso di questi anni per costruire con Berlusconi il nuovo percorso che deve riportarci a sfidare la sinistra per il governo del Paese».
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