Il countdown segna -8 al Consiglio nazionale del Pdl e quasi certamente saranno otto giorni di montagne russe. Perché che Silvio Berlusconi abbia convocato le assise del partito per sancire il passaggio a Forza Italia è un fatto, ma ancora non è chiaro come e quanto profonda sarà la rottura dentro un Pdl che sembra ormai sul punto di implodere. Non solo perché nel gruppo dei cosiddetti governativi c'è chi non vuole arrivare fino a una frattura netta con il Cavaliere, ma pure perché l'ex premier pare sia intenzionato a fare il possibile per convincere Angelino Alfano delle sue buone ragioni. «Il possibile ma non l'impossibile», spiegava ieri ad uno dei tanti parlamentari che hanno avuto occasione d'incontrarlo a Palazzo Grazioli. Insomma, «mi auguro non accada» ma «se decideranno di andare via certo non li accompagnerò alla porta con i guanti bianchi». Insomma, è esclusa una separazione consensuale tra Pdl e Forza Italia.
Ed è questo, con ogni probabilità, il senso del ragionamento che ieri sera Berlusconi si preparava a fare ad Alfano, atteso a via del Plebiscito dopo l'ora di cena. Una mano tesa, per cercare di «tenere unito il partito» ma «con paletti chiari». Insomma, nonostante l'accelerazione di fatto imposta con la convocazione degli 850 delegati del Consiglio nazionale, l'ex premier cercherà di convincere Alfano a ritirare il documento dei governativi invitandoli a sottoscrivere quello approvato dall'Ufficio di presidenza, magari ritoccato in qualche punto. Certo, resta il paletto della legge di Stabilità che ripete Berlusconi va «riscritta completamente contenendo le nuove tasse». E incombe il voto sulla decadenza in programma il 27 novembre perché se è vero che il Cavaliere dà ormai per scontato di essere estromesso dal Parlamento c'è da capire quali davvero saranno le conseguenze politiche di quel voto.
Quello di ieri, insomma, è un Berlusconi interlocutorio. Che prova a tenere tutto insieme e che chiede sia ai governativi che ai lealisti di «contenere gli estremismi». Questo avrebbe detto martedì sera alla riunione organizzata da Alfano con i suoi parlamentari visto che l'ex premier è stato sul punto di presentarsi proprio per spiegare le sue ragioni. Resta sullo sfondo, ovviamente, la trattativa sull'organigramma della nuova Forza Italia. C'è sul tavolo l'ipotesi dei due coordinatori (uno che fa capo ad Alfano, l'altro ai lealisti) ma si studiano anche altre soluzioni nel caso in cui il Cavaliere e il vicepremier riescano a trovare un punto d'incontro. Al quale guarda anche Alfano, cosciente del fatto che se il Pdl dovesse spaccarsi e con lui restasse solo una pattuglia di senatori sufficiente a tenere in piedi il governo prima o poi nel Pd si porrebbe il problema di una pattuglia governativa (cinque ministri) decisamente sbilanciata rispetto agli equilibri interni alla nuova maggioranza. Un rimpasto, insomma, non sarebbe un'ipotesi poi così lunare.
Intanto, però, nel partito prosegue la guerra dei numeri tra governativi e lealisti. Con i secondi che alle nove di sera di ieri erano arrivati a contare 596 firme sul loro documento. «Sottoscrizioni materialmente acquisite», fanno notare da piazza in Lucina mentre altre 50 sarebbero attese per le prossime ore.
Su 850 delegati, insomma, una maggioranza schiacciante. Dal canto loro, però, i governativi sostengono di essere arrivati quasi a 300 firme a loro favore ed è chiaro che così i conti non tornano. Otto giorni e si capirà chi aveva ragione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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