Per Cefalonia processo a un uomo di 89 anni

MilanoUn po' lenta ma inesorabile, la macchina carceraria della giustizia si prepara a stringersi ai polsi del direttore del Giornale Alessandro Sallusti. Ieri mattina si compie l'ultimo atto prima dell'arresto di Sallusti, condannato a quattordici mesi di carcere senza condizionale per la diffamazione del giudice Giuseppe Cocilovo. Alla porta dei difensori del giornalista bussano gli ufficiali giudiziari inviati dalla Procura di Milano che consegnano l'avviso firmato dal pubblico ministero Chiara De Iorio. A Sallusti viene comunicato che la pena è sospesa per un mese.
Da ieri, secondo la Procura milanese, tornano a decorrere i trenta giorni in cui il condannato potrà chiedere l'ammissione a pene alternative. Se questo non accadrà - e Sallusti ha già escluso di avanzare qualunque richiesta di questo genere - tra il 18 e il 19 novembre il direttore del Giornale verrà tradotto in carcere.
Le ultime incertezze sul destino di Sallusti svaniscono ieri, quando lo stesso giornalista annuncia asciutto sul suo profilo Twitter: «Ricevuto notifica sentenza di arresto». La notizia trova poco dopo conferma negli ambienti giudiziari. E consente di ricostruire con qualche dettaglio in più la sequenza degli eventi di quest'ultimo mese. È una sequenza in cui era sembrato di cogliere i segnali di qualche rallentamento della pratica, come se la magistratura volesse dare il tempo alla politica di trovare una soluzione alternativa. Invece ora si capisce che sono stati solo i consueti tempi tecnici della burocrazia a ritardare l'iter. Per la Procura milanese il condannato Sallusti è un condannato come tutti gli altri, e come tale verrà trattato.
La sentenza definitiva di condanna è stata emessa dalla Cassazione il 26 settembre. Trattandosi di una pena inferiore ai cinque anni, da Roma è stata inviata a Milano non per fax ma per posta ordinaria. Il plico parte dalla Cassazione l'1 ottobre. Non si sa esattamente quando arrivi a Milano, ma è certo che impiega un po' di tempo. Alla fine della settimana scorsa la «pratica Sallusti» è sul tavolo del procuratore aggiunto Nunzia Gatto, capo del pool che si occupa di dare corso alle sentenze: ha il nome vagamente macabro di «Ufficio Esecuzione», sono i pubblici ministeri che si occupano di tradurre in pratica - manette, celle, ore d'aria - le condanne emesse dai loro colleghi. Mercoledì mattina, poche ore dopo che il disegno di legge che proibirebbe il carcere per i giornalisti si è arenato al Senato, il decreto viene inviato per posta dalla Procura di Milano agli ufficiali giudiziari di Como. Nel frattempo altri ufficiali giudiziari si presentano in Torre Velasca, a Milano, nell'ufficio dei difensori. Stamattina il decreto verrà notificato anche a Sallusti in persona.
E adesso? «Non ho bisogno di essere rieducato perché mi hanno già educato i miei genitori», ha detto Sallusti fin dall'inizio di questa vicenda, e non ha cambiato idea. Nessuna richiesta di affidamento a nessun servizio sociale, dunque. Anzi, lunedì i legali del direttore depositeranno in Procura una rinuncia formale a forme di detenzione alternative. A quel punto la Procura si troverà davanti al caso senza precedenti di un condannato che rifiuta scorciatoie e si dichiara pronto ad essere arrestato. «Valuteremo il da farsi», dicono in Procura.

Ma è verosimile che comunque si scelga di non forzare i tempi, e di attendere comunque che trascorrano tutti i trenta giorni fissati dal codice di procedura penale. Poi, se la politica continuerà a infischiarsene, scatteranno le manette.

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