RomaIl boato più forte si leva quando anche chi si è rintanato agli angoli per evitare l'afa sente distintamente: «Io sono qui, io resto qui!». Berlusconi parla dal palco e a quel punto a tutti arrivano le parole più importanti. Sale l'ovazione, ed è davvero un ruggito perché la folla che si pensava essere discreta ma non eccessiva, a causa del caldo e dei tempi ristrettissimi di adunata, occupa in realtà tutta via del Plebiscito, parte di piazza Venezia, e il retro di palazzo Grazioli. «È la cosa più impegnativa che abbiamo organizzato dal 94 a oggi - dice Gregorio Fontana, responsabile adesioni del Pdl - sono arrivati pullman da tutta Italia». Tantissimi gli ex ministri, i deputati, tra i primi ad arrivare Daniela Santanchè, Maria Stella Gelmini, Paolo Russo, Luigi Cesaro e Raffaele Fitto. Ma non è certo un vertice di apparato, quanto una festa (arrabbiata) popolare. Commercianti, molti piccoli imprenditori, pensionati, giovani universitari.
Amedeo Laboccetta è riuscito a caricare sui pullman da Napoli milleduecento persone. C'è la delegazione di Massa Carrara del nuovo Psi che porta garofani in omaggio. E poi tanti da Bergamo, da tutto il Nord Italia, dalla Toscana. Da Lecce la delegazione è partita alle sei e mezzo del mattino. Non si riesce a camminare, per aggirare il palco bisogna passare sul retro di palazzo Grazioli. La strada è tricolore di bandiere. Tutto è Forza Italia. Gli stendardi, l'inno. Non c'è quasi più traccia di Pdl. Anche le bandiere in distribuzione sono della vecchia FI. La canzone simbolo, appunto. Ritorna dopo tanti anni. Insieme alla più recente «meno male che Silvio c'è», e all'inno nazionale sparato a tutto volume prima che Berlusconi inizi a parlare.
Il comizio è tutto una sorta di conversazione con la folla. «Non possono dirci irresponsabili», dice Berlusconi. «Nooo», gli rispondono dal basso. Lo chiamano: «Silvio! Silvio!». «Prato c'è», dice un cartello. E poi manifesti di appello a Napolitano per la grazia, Berlusconi «martire della libertà», dalla Cassazione «una sentenza politica». Adesso condannateci tutti». «Berlusconi sei più grande di Giulio Cesare», recitava un altro. Ci sono anche molti curiosi, non simpatizzanti ufficiali. Una donna viene rintuzzata dalla folla, e la polizia è dovuta intervenire. «Provocatrice!», le gridano. Espone un cartello con la scritta: «Via i condannati dal Parlamento?». Ogni tanto a qualcuno saltano i nervi. È il caldo, e anche l'emozione. Non sono pochi quelli che si commuovono mentre Berlusconi parla, e quando alcuni fotografi tentano di raggiungere il palco facendosi largo tra la folla, la reazione è spigolosa. In un angolo, i radicali continuano imperterriti la loro raccolta di firme sui referendum sulla giustizia.
Il caldo a Roma azzanna la gola, eppure la manifestazione non si scompone fino alla fine.
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