In cento fanno lo sciopero della fame: alla Camera ritardo vergognoso

RomaLa riforma per il divorzio breve chiusa resta chiusa in un cassetto della Camera. Il testo, approvato sette mesi fa in commissione Giustizia, dopo la discussione preliminare a Montecitorio avvenuta il 21 maggio scorso, è scomparso dall'ordine dei lavori. A denunciarlo è la Lega italiana divorzio breve, guidata da Diego Sabatinelli, che insieme con un centinaio di persone ha iniziato lo sciopero della fame per richiamare i politici alle loro responsabilità.
«Abbiamo raccolto un migliaio di firme per un appello da presentare alla conferenza dei capigruppo della Camera affinché rimettano la questione all'ordine del giorno - spiega Sabatinelli -. Chiediamo che la riforma venga discussa al più presto dall'aula di Montecitorio perché coinvolge la vita di migliaia di italiani. Per arrivare al divorzio, infatti, sono necessari almeno quattro anni. Questo significa procedimenti costosi e attese snervanti durante le quali spesso si costituiscono nuove famiglie, prive di tutela e diritti e si ingolfano i tribunali». Dalla stessa parte l'Associazione avvocati matrimonialisti italiani. «Per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (divorzio) il cittadino deve sottoporsi al vaglio di due distinti processi: la separazione prima e il divorzio dopo, con due distinte parcelle da pagare e tempi biblici da aspettare - dichiara il presidente Gian Ettore Gassani -. Esprimiamo la nostra solidarietà alla Lid». Il testo della riforma era già stato approvato dalla Commissione giustizia nel dicembre 2007, ma non è mai arrivato in aula per la caduta del governo Prodi. Nel marzo 2012 finalmente la commissione Giustizia della Camera ha approvato la nuova proposta di legge che prevede la riduzione da tre a un anno dei tempi per arrivare al divorzio (due anni per le coppie con figli minorenni). Un secondo articolo stabilisce lo scioglimento della comunione dei beni nel momento stesso in cui il giudice autorizza i coniugi a vivere separati. Ma di quel testo ora non si sa più nulla. «Ci risulta che dopo la discussione preliminare ci siano state spaccature all'interno dei gruppi e pressioni per evitare problemi a fine legislatura - dichiara Sabatinelli -. Una vergogna, perché il lavoro dei politici è proprio dibattere e non di scansare le questioni scottanti e i cittadini non possono essere sottoposti a spese oltremodo assurde».
Già, perché se è vero che sposarsi costa parecchio, separarsi costa di più. L'Osservatorio familiare italiano (Ofi) svela infatti che nel 2006 i procedimenti in corso per separazione e divorzi erano 539mila, e per le prime sono stati sborsati 153 milioni di euro mentre per l'addio definitivo 266 milioni. Questo significa anche che lo Stato ha speso 49,6 milioni di euro in un anno.


Senza contare che le separazione giudiziali vanno avanti anche 12 anni e nel frattempo si creano spesso nuove situazioni sentimentali e famiglie, con effetti drammatici. Non essendo riconosciute le coppie di fatto, infatti, se dalla nuova unione nasce un figlio questi è considerato naturale e ha diritti inferiori rispetto ai figli legittimi.

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