
A noi Enzo Iacchetti è sempre stato simpatico. Le origini lacustri, la retorica del Derby, l'accoppiata Enzo-Ezio che solo Antonio Ricci poteva inventarsi, l'unico non-calciatore ad avere una storia con una Velina, la doppiezza tipica dei comici, l'impegno politico Striscia la notizia, Striscia la sinistra, la Striscia di Gaza, Striscia lo striscione, Pippa di meno. Carriera invidiabile.
Ci spiace solo adesso che è finita - vedere la sua agitazione mediatica, tra ospitate senza senso e sfoghi sui social. Ma perché, ci siamo chiesti?
Poi abbiamo capito. Ieri
si è saputo che il 7 ottobre è solo una coincidenza editoriale esce la sua autobiografia, titolo: 25 minuti di felicità. E 15 di notorietà.
Definisci «marchetta».
Noi non siamo mai andati in tv. E proprio per questo sappiamo che le ospitate nascondono sempre un doppio fine. Un libro, un disco, uno spettacolo o un film che deve uscire. Questione di promozione e questione palestinese.
Comunque. Stona, soltanto, il cartellone usato per promuovere il tour di presentazione. Iacchetti in camicia nera. Forse
ci aveva visto giusto Eyal Mizrahi.
Domanda. È vero che la prefazione è della Berlinguer?
L'umanitarismo ha tempi lunghi, il marketing molto stretti. Aspettiamo l'invito a Propaganda Live per la consacrazione.
Ah. Solo una cosa. Noi abbiamo detto la nostra. Niente repliche.
Qui non ci dev'essere un contraddittorio.