«Ma che noia quest'Italia sobria I miei secondi 40 anni, invece...»

«Ma che noia quest'Italia sobria I miei secondi 40 anni, invece...»

Al telefono risponde la voce di un ragazzo. È timido e professionale. «È per lei». Andrea è il figlio adottivo di Marina, ma i due non hanno mai smesso di darsi del lei. Benvenuti da Marina Ripa di Meana. È mattina e a casa ci sono tutti, Carlo Ripa di Meana, di là nello studio, Andrea, i carlini e lei, Marina: il sole, la capricciosa, la combattiva. La Regina. Ha appena compiuto 70 anni e ha scritto un libro per Mondadori, Invecchierò ma con calma. Un bilancio «senza nessun rimpianto, non vorrei tornare indietro. Guardo avanti e il futuro mi sembra sempre meglio. La mia è stata una vita di fatica, ce l'ho messa tutta per non essere una qualunque». È strano, perché da fuori, il mondo di Marina sembra scintillante e alle ombre non ci pensi. «Molti mi hanno sempre guardato dall'alto in basso, la famiglia nobile di Carlo, i marchesi Ripa di Meana, o le femministe snob che mi giudicavano, salvo poi essere l'unica a schierarmi con le mignotte sul Foglio di Ferrara». Poi c'è la malattia, la morte dell'amata sorella Paola, la paura della solitudine.
Cosa sarebbe successo se Marina fosse nata brutta?
«La bellezza non è tutto».
Beh facile dire così, lei lo è sempre stata.
«Si ma più importante è la vanità, il mio motore. Se io fossi nata brutta non mi sarei persa d'animo. Avrei fatto dei lifting, non mi sarei certo fatta mettere in un angolo. E poi, come diceva mia mamma il carattere è più importante di un conto in banca».
Come era il rapporto con i suoi genitori?
«Pessimo. Erano una coppia perfetta. Si bastavano, non si sono curati mai molto di noi, di me e mia sorella Paola».
Cosa c'era nella vita di una ragazza qualunque che non le andava?
«Non ho mai voluto annegare in una coltre di noia. E avevo tutte le carte in regola per fallire, per restare una delle tante ragazze dei Parioli. Non avevo fatto studi particolari, non mi aspettava una carriera brillante. Eppure fin da ragazzina avevo deciso che avrei sposato un nobile, per farmi chiamare eccellenza. Mi sono inventata una vita da favola. Ma non è stato facile. Ho lottato come una tigre. Sempre».
Tanta vita mondana e tanti politici. Da Cossiga a Craxi, altra epoca rispetto a Monti»?
«Un altro mondo. Monti mi annoia da morire. Sacrificio, sobrietà, non fanno per me. Cossiga invece impazziva per il gossip. Quando sui giornali era uscita la storia della figlia non riconosciuta di Carlo, lui mi chiamò subito. Voleva sapere tutto, se era frutto di un corno, di un tradimento di mio marito. Ma la figlia è nata anni prima che noi ci incontrassimo».
E Craxi?
«Con lui c'è stato un rapporto più intimo. La sede del Psi era davanti a casa nostra. Veniva spesso per «un piatto di minestra» a volte senza chiamare. Era molto protettivo, mi chiedeva: “Ma Carlo sta mettendo da parte dei soldi?“. I giorni della caduta, noi c'eravamo, sentivamo le urla, noi gli siamo stati molto vicini. Lui aveva paura, sentiva addosso la fine».
Quando lei parla della sua famiglia cita Carlo, Andrea e addirittura i suoi cani. Ma perché non menziona mai Lucrezia?
«Con mia figlia c'è sempre stato molto antagonismo. Io credo di essere stata più un padre per lei che una madre. Fino ai suoi 40 anni questo nostro rapporto è stato un disastro. Oggi è migliorato, ma lei comunque non c'è. Metterla tra i famigliari sarebbe ipocrita».
Invece ha adottato Andrea, a cui però dà del lei.
«Sì, il nostro rapporto è nato per lavoro. Mi fa da assistente. Una presenza determinante per me, nei momenti di gioia e di dolore. Per questo io e Carlo lo abbiamo adottato».
Come ha fatto a resistere il matrimonio con Carlo?
«In trent'anni non si è mai messo in competizione con me. Sempre dietro di me eppure sempre più avanti. È stato il mio punto di riferimento. Il mio compagno».
Invecchierà con calma.

E poi?
«La morte mi fa incazzare. Sono malata, mi ubriaco di cose da fare e vado avanti con le mie sfide. Come l'ultima, quella contro la torre di Pierre Cardin di 250 metri che vogliono costruire a Marghera. Uno scempio». Marina non si arrende.

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