Roma - La sanità calabrese è un colabrodo. L'assistenza fa acqua da tutte le parti, come dimostra il secondo posto nella classifica italiana degli errori sanitari e, nonostante un deficit di 110 milioni di euro registrato nel 2011, ancora oggi ci si «dimentica» di eseguire i controlli sulla riscossione dei ticket. L'ultimo scandalo in ordine di tempo risale a 24 ore fa. I militari della guardia di finanza di Catanzaro hanno passato al setaccio 400mila prestazioni di pronto soccorso eseguite negli ospedali di Lamezia Terme, Soverato e Soveria Mannelli dal 2008 al 2011, incrociando i risultati delle verifiche con le banche dati in loro possesso. Così hanno scoperto che novantamila utenti non avevano pagato il ticket, nonostante non avessero l'esenzione. Questo, in soldoni, si traduce in un danno di tre milioni di euro. L'operazione «Free pass» ha portato quindi alla denuncia di sei dipendenti dell'azienda sanitaria di Catanzaro, che sono stati segnalati alla Procura della Corte dei Conti chiamata a decidere se contestare loro il danno erariale, obbligandoli alla restituzione dei mancati introiti subiti dal Servizio sanitario regionale.
L'indagine non è conclusa e gli accertamenti proseguono a 360 gradi per verificare se analoghe irregolarità si siano verificate in altri nosocomi della regione, una delle tre italiane con disavanzo così alto da essere sottoposta al «pieno di rientro».
Non è la prima volta che tali «sviste» avvengono in territorio calabrese e non c'è da stupirsi se questo territorio sia da sempre un malato cronico. Due anni fa il caso di Caulonia, nella Locride, divenne l'emblema della vergogna italiana. Nel simpatico paesino di settemila anime in provincia di Reggio Calabria e nei comuni di Stilo, Bivongi, Monasterace e Roccella Jonica 621 persone si erano autocertificate indigenti o disoccupate, nonostante fossero proprietarie di ville o titolari di aziende con redditi altissimi, ancora una volta per non pagare il ticket. In questo caso il mancato introito della Asl di Locri raggiungeva un 1 milione di euro. Queste «disattenzioni» e una maglia troppo lenta nella rete dei controlli da parte delle amministrazioni sanitarie, facnno cadere la qualità dell'assistenza. A inizio anno anche il governatore Giuseppe Scopelliti aveva puntato il dito la sanità regionale e in particolare contro la Asp di Cosenza, che pesa per il 75 per cento sul debito calabrese. Il politico aveva denunciato che erano state assunte 439 persone, ma nessun medico. Nel luglio 2011, invece, una relazione della Commissione d'inchiesta sugli errori sanitari, presieduta da Leoluca Orlando, aveva messo in luce una catena di inappropriatezze nell'utilizzo delle risorse, con pesanti riflessi sull'assistenza alla popolazione. Orlando parlava di una morte sospetta ogni quattro giorni, un'emigrazione sanitaria altissima e paradossi come quello di Gioia Tauro, dove in ospedale c'erano 26 cuochi, nonostante i posti letto fossero solo 32 e i pasti venissero portati da una ditta esterna. Uno spaccato poco rassicurante per i pazienti e i medici, stanchi di tollerare ospedali fatiscenti o ambulanze che partono senza perosnale a bordo. Ma ad oggi la situazione resta critica: di nuovo la Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario ha fatto sapere che su 570 casi di presunti sbagli commessi in Italia tra l'aprile 2009 e il dicembre 2012, centosette sono avvenuti in Calabria e hanno portato ad 87 decessi. Alla luce dei fatti è difficile dimenticare il caso di Federica Monteleone la ragazza di 16 anni morta nel 2007 dopo un intervento di appendicectomia nell'ospedale di Vibo Valentia per un black out in sala operatoria.
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