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Chiesti 4 mesi per l'ex segretaria di Bersani

Il pm: la pagava la Regione Emilia-Romagna ma lavorava per il Pd, è truffa. Sentenza a fine luglio

Zoia Veronesi, segretaria di Pier Luigi Bersani
Zoia Veronesi, segretaria di Pier Luigi Bersani

Quattro mesi e 20 giorni di reclusione e una multa di 200 euro. È quanto chiede la procura di Bologna in udienza preliminare per Zoia Veronesi, la storica segretaria dell'ex leader Pd Pier Luigi Bersani, accusata di truffa aggravata ai danni della Regione Emilia-Romagna. In ballo c'è l'ormai noto incarico di lavoro a Roma che Veronesi aveva ricevuto da parte dell'ente governato da Vasco Errani tra il 2008 e il 2010, in particolare, per operare come «raccordo con le istituzioni centrali e con il Parlamento». L'incarico fu assegnato sulla base di uno stipendio di 140mila euro più rimborsi, la somma contestata ora all'ex segretaria di Bersani dal pm Giuseppe Di Giorgio. L'accusa sostiene che Veronesi, pur essendo dirigente dell'ente di viale Aldo Moro, continuasse a lavorare per Bersani invece che per la Regione. La stessa condanna è stata richiesta per Bruno Solaroli, già parlamentare Pci-Pds e sindaco di Imola, che all'epoca era il capo di gabinetto dello stesso Errani. Entrambi gli accusati, presenti ieri in aula, hanno chiesto il rito abbreviato e la condanna chiesta da Di Giorgio risulta già scontata.

La decisione del gup Letizio Magliaro è attesa per il 23 luglio. L'avvocato di Veronesi, Paolo Trombetti, al termine dell'udienza ha rilanciato «le buone ragioni che avevamo già dimostrato al di là della cattiva lettura delle indagini preliminari», ovvero che «la signora Veronesi ha sempre lavorato con impegno, costanza e in modo proficuo» per la Regione. Di diverso avviso la procura, che aveva spedito l'avviso di fine indagine alla diretta interessata lo scorso settembre. «Davanti ai pm non ho mai negato di aver continuato ad aiutare Bersani», aveva precisato la diretta interessata dopo la scorsa udienza. Ma era vero che per arrivare all'ex segretario del Pd bisognava passare da lei? Così, pare, funzionava «perché veniva più semplice: ma non sono mai stata pagata, e mi offenderei se qualcuno lo pensasse», aveva aggiunto Veronesi. Ora tiene banco la richiesta di reclusione.

«Beh, allora i miei esposti tanto infondati non lo erano», commenta l'ex deputato Enzo Raisi, autore della segnalazione che innescò la vicenda.

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