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Ci chiama fabbrica del fango poi ci manipola contro Miglio

L’intervista del senatore al "Giornale" nel ’99 stravolta nello show di Fazio e Saviano. L’ideologo accusato di voler legalizzare le cosche era solito fare ragionamenti provocatori. Secondo la sua tesi il Sud avrebbe dovuto "costituzionalizzare alcune manifestazioni tipiche"

Ci chiama fabbrica del fango poi ci manipola contro Miglio

L’ultima invenzione della premiata ditta Fabio Fazio & Roberto Saviano: far dire a un morto che la Lega è l’alleata naturale della mafia. È accaduto, a spese dei teleutenti Rai, nell’ultima puntata di Vieni via con me. Come? Riesumando un’intervista col professor Gianfranco Miglio che Stefano Lorenzetto raccolse per Il Giornale nel marzo del 1999, nella tenuta di Domaso, sul lago di Como, un anno e mezzo prima che l’insigne costituzionalista cessasse di vivere. E riportata dall’autore anche nel libro Dimenticati (Marsilio). Un’intervista dai toni volutamente surreali, in cui Miglio, com’era nel suo stile, duellava con Lorenzetto spargendo iperboli e paradossi a ogni risposta.
E Roberto Saviano che fa? Senza citare la fonte (e come avrebbe potuto riferire ai suoi supporter che stava attingendo dall’odiata «macchina del fango» del Giornale? avrebbe irrimediabilmente inficiato tutto il suo ragionamento), estrapola un’unica frase per sostenere che l’ideologo della Lega si definiva a favore del «mantenimento anche della mafia e della ’ndrangheta». «Insomma», ha concluso l’autore di Gomorra, «Miglio diceva che le mafie devono essere costituzionalizzate».
Sarebbe bastato leggere che cosa precedeva quel botta e risposta di 11 anni fa per capire come Miglio estremizzasse il suo pensiero per il solo gusto della provocazione.
Non avendolo fatto la faziosissima compagnia di giro di Vieni via con me, provvede Il Giornale. Qui di seguito alcuni estratti.
Che cos’hanno di tanto diverso nordisti e sudisti?
«Il modo stesso di concepire la vita. Noi abbiamo nelle vene sangue barbaro, siamo legati al negotium, al lavoro. I meridionali invece vivono per l’otium, il dolce far nulla, i sollazzi, un totale disprezzo per la fatica. Questa è la storia dei due popoli. Una differenza antropologica, inutile star lì. Detto questo...».
Detto questo?
«Riconosco che i meridionali sono stati danneggiati dall’unificazione. Il loro inserimento nel Regno è avvenuto soltanto per effetto della spedizione garibaldina. Da lì in avanti lo Stato unitario li ha sempre fregati. Ogni volta che appariva all’orizzonte una prospettiva finanziaria, il Nord se ne appropriava. È dalla fine degli anni Cinquanta che cerco una via per raddrizzare questo Stato unitario».
L’ha trovata nel federalismo?
«Tutti ne parlano e nessuno sa che cos’è, neppure i vescovi del Veneto».
In concreto: tre cantoni, Nord, Centro e Sud?
«Esatto. Il reddito complessivo della Basilicata è un quarantesimo di quello della Lombardia. Ci vuole un equilibrio fra i componenti della federazione e il contenitore federale. Altrimenti le differenze producono differenze».
Quindi poveri con poveri e ricchi con ricchi?
«Non è proprio così. Diciamo che la Lucania deve batter cassa con le regioni del Sud. Del resto non è colpa nostra se il Nord gode di condizioni geoeconomiche migliori. La Padania l’ho inventata io negli anni Sessanta e adesso la Fondazione Agnelli ha dimostrato che se stesse per conto suo sarebbe la più ricca regione d’Europa».
Però accanto ai tre cantoni lei continua a prevedere le cinque regioni a statuto speciale. Perché?
«Perché hanno combattuto per la loro indipendenza. La Sicilia contro l’armata di Nino Bixio. La Valle d’Aosta contro l’esercito di De Gaulle. L’Alto Adige contro l’ottusità di Roma. Tutti dimenticano che gli statuti speciali sono in realtà armistizi, concessi a queste regioni prima della Costituente».
Professore, da quarant’anni predica il federalismo ma non c’è verso di vederlo fiorire. Come mai?
«Perché gli italiani sono ignoranti. Io gli ho cucinato il piatto in tutti i modi. Non vogliono saperne di mangiarlo».
Ogni cantone avrebbe le sue leggi?
«Certo. Non si può dare lo stesso diritto civile e penale a tutte le regioni. Lei capisce che la vendetta per tradimento, consumata abitualmente al Sud, non è concepibile al Nord».
Mi faccia capire: il codice meridionale dovrebbe consentire a un marito cornificato di farsi giustizia da solo?
«Di più. Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ’ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate» (...)
Fin qui Miglio. Va detto che, passati 15 anni, il crac vaticinato non c’è ancora stato. Per fortuna.

Altrimenti Fazio e Saviano avrebbero incolpato la Lega anche di quello.
RI

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