Cicchitto: "Sì alla piazza prima del voto"

Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: "Rifaremo la manifestazione del 2006 puntando su molti temi, non solo le storture della magistratura

Cicchitto: "Sì alla piazza prima del voto"

«Colloco l’ipotesi di organizzare una manifestazione a sostegno del presidente del Consiglio in maniera diversa rispetto al direttore Vittorio Feltri». Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, è favorevole alla proposta lanciata dal Giornale domenica scorsa, ma in un’ottica differente. «Se dovessimo scendere in piazza ogniqualvolta la magistratura attacca Silvio Berlusconi, chissà quante ne avremmo dovute fare», spiega aggiungendo che «alla conclusione della campagna elettorale, potremmo organizzare a Roma una manifestazione simile a quella del 2 dicembre 2006 per mettere in evidenza anche questo tipo di problemi e comunque il grande sostegno popolare a Berlusconi».

Presidente Cicchitto, allora esiste il corto circuito magistratura-media-politica?
«Non mi riferisco a tutta la magistratura ma a quel nucleo di magistrati, come la Procura di Milano, che insieme a un pezzo di mondo mediatico ed editoriale, all’Italia dei valori e a settori del Pd dell’arma impropria della giustizia hanno fatto uno strumento di battaglia politica. Questo accade dal ’94 ed è sicuramente negativo».

Però non riuscite a trovare un punto di incontro con il Pd, che pure è stato oggetto di attenzioni giudiziarie, ultima la vicenda del sindaco bolognese Delbono.
«Il Pd è nato da Ds e Margherita, due formazioni che dalla magistratura hanno avuto un occhio di riguardo. C’è un’opposizione più responsabile rappresentata da D’Alema e Bersani, ma le risposte che fornisce sono contraddittorie. La maggioranza uscita dal congresso è debole ed è risucchiata dalla linea di chi cavalca il giustizialismo con il paradosso che si rinuncia anche alla difesa dei propri esponenti coinvolti in casi giudiziari».

D’altronde, il Pd è uscito a pezzi dalle primarie pugliesi.
«D’Alema e Casini avevano fatto della Puglia un laboratorio politico. Volevano rompere con Vendola in nome di un avvicinamento all’Udc per mettere assieme un complesso di forze per battere Berlusconi. Si sono però scontrati con il leaderismo e il populismo di Vendola che ha fatto saltare in aria il loro laboratorio».

D’Alema è più criticato dal Pd che da voi che siete suoi avversari.
«D’Alema aveva in mente un progetto bipolare con un’alternativa più spostata verso il centro. È fallito».

Casini ora ha inaugurato la «politica dei tre forni» correndo a sostegno di Adriana Poli Bortone.
«Sembra una soluzione di risulta e, in parte, un dispetto al Pdl. Ma la candidatura di Rocco Palese è la più naturale: è stato capogruppo del Pdl in Consiglio regionale, ha guidato l’opposizione a Vendola e in lui si è riconosciuto tutto il partito, al di là delle differenze tra chi proveniva da Forza Italia e da An. Quando sembrava che potessimo scegliere un candidato esterno Vendola diceva che avremmo potuto candidare un bravo politico come Palese. Lo abbiamo ascoltato».

I «dispetti» di Casini non si riverbereranno in nessun modo sul quadro delle altre alleanze per le Regionali?
«Ci sarà un conto finale che è assolutamente bipolare: il Pdl contro il Pd con gli alleati che di volta in volta riusciranno a mettere assieme. Bisogna mantenere i nervi saldi perché quello che conta di più sono le Regioni che si potrebbero conquistare. Dalla situazione pugliese non traggo nessuna conseguenza perché ci sono altre Regioni dove siamo alleati o dove potremmo allearci con l’Udc».

Dopo le Regionali ci sarà un cambio di marcia nell’azione di governo e maggioranza?
«Finora abbiamo tenuto una linea di rigore dei conti pubblici per fronteggiare la crisi. Ci dovremo porre il problema di cosa si può fare per favorire la crescita: piano casa, riflessione sul welfare e spazi per una riforma del fisco che pesi meno sulle famiglie. Ne stiamo discutendo e dopo le Regionali affronteremo la questione».

Appianate alcune asperità dei rapporti tra Berlusconi e Fini, cosa deve fare il Pdl alla luce del confronto nella convention di Arezzo?
«A meno che non vogliamo rovinare tutto, il Pdl si caratterizza come un partito con una forte leadership che è quella di Berlusconi. Questa però non è contraddetta da un partito radicato sul territorio. L’Ufficio di presidenza ha svolto un ruolo importante per il dibattito, talora mescolando le posizioni al di là della provenienza da Forza Italia e da An. Ma la Direzione nazionale, composta da più di cento membri, convocata ogni due o tre mesi, può misurarsi su riflessioni di lungo periodo mettendo insieme politica e cultura».

Ultimamente lei ha utilizzato spesso l’espressione togliattiana «analisi differenziata». Come mai?
«Realtà diverse richiedono risposte diverse. Io ho denunciato un network dell’odio composto da mondo editoriale, da parti della magistratura, da Di Pietro e da parti del Pd.

Hanno come scopo quello di far fare a Berlusconi la fine di Craxi. A sua volta il Pd, assediato da questo network, non riesce a fare un’opposizione normale, mentre l’Udc è in contraddizione con entrambi. Non possiamo elaborare risposte univoche per queste tre diverse realtà».

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