Roma - È un segnale non casuale, quello che il presidente della Repubblica ha voluto inviare ieri, convocando al Quirinale il premier e i membri di governo che seguono in Parlamento l’iter delle riforme, Catricalà e Patroni Griffi, e facendosi puntigliosamente illustrare da loro lo stato del dibattito parlamentare su riforme istituzionali e legge elettorale. Un modo per mostrare che Colle edesecutivo sono uniti nel sollecitare e «incoraggiare» le forze politiche ad occuparsene. Parlava a suocera-governo, Giorgio Napolitano, perché nuora-partiti intendessero: ora che le elezioni amministrative sono alle spalle, e con loro il relativo can can della campagna elettorale, è bene che i principali partiti tornino a mostrare «senso di responsabilità» e lavorino a realizzare rapidamente gli impegni che hanno preso.
Dunque ad accelerare il dialogo sulle riforme istituzionali e - soprattutto sulla legge elettorale, dopo aver delegato al governo Monti il difficile compito di rispondere alla crisi economica. La consueta esortazione bipartisan del Quirinale? Stavolta, spiegano i ben informati, l’interlocutore cui era diretta la bacchettata di Napolitano era soprattutto uno: il suo partito di provenienza. Perché al capo dello Stato non sarebbe molto piaciuta quella risposta un po’ sprezzante di Pier Luigi Bersani alle nette aperture fatte da Silvio Berlusconi l’altro giorno. Quando il leader Pdl non solo ha stoppato le frenesie di quella parte delle sue truppe che vorrebbero «staccare la spina a Monti»,assicurando che il governo deve andare avanti «fino alla fine della legislatura »; ma ha anche auspicato che il tempo che resta venga impegnato a riformare una Costituzione che ora rende «ingovernabile» il paese.
Dicendosi pronto a sedersi ad un «tavolo»con chi era all’opposizione del suo governo (leggi: il Pd) per «trattare» nel merito e concordare un percorso comune. «Per una volta che c’è un segnale positivo di cui prendere atto costruttivamente, lasciandosi finalmente alle spalle la campagna elettorale, sarebbe grave chiudere la porta», ragionano sul Colle. Invece la risposta di Bersani alle avance berlusconiane è stata «inopportuna».«C’è poco da trattare », ha detto il segretario del Pd, «le riforme sono incardinate nelle commissioni parlamentari, io sono lì a discutere in quei luoghi e non c’è altro da discutere». Non a caso a Bersani è subito arrivato l’applauso interessato di Tonino Di Pietro: «Siamo contenti che anche il Pd si renda conto che con Silvio Berlusconi non si fanno accordi ». E il duplice segnale di irrigidimento a sinistra ha irritato il Pdl e preoccupato il Quirinale. Perché c’è il crescente timore che proprio sulla «madre di tutte le riforme» (e di tutte le battaglie), ossia la legge elettorale, si vada ad inceppare tutto: il Pdl non sa ancora che pesci prendere, è diviso al proprio interno e ha chiesto una pausa di riflessione fino ai ballottaggi.
Il Pd ne approfitta per rilanciare a gran voce il doppio turno, ben sapendo che allo stato non è accettabile per il centrodestra: «Senza un accordo già sottoscritto con Casini, il doppio turno rischia di ammazzarci », dice il vice-capogruppo Osvaldo Napoli. Il timore vero, nel Pdl ma anche nell’ala più montiana del Pd, è che la grande tentazione di Bersani sia quella tenersi l’orrido Porcellum, che avrebbe il vantaggio di blindare una (probabile) vittoria della coalizione di centrosinistra con il premio di maggioranza, e di mettere chiavi in mano allo stato maggiore del partito la composizione delle liste e dunque dei futuri gruppi parlamentari. Con il Porcellum, insomma, Bersani potrebbe stravincere nelle urne e anche nel partito. Ma per tenerselo, il segretario del Pd deve allontanare da sé ogni sospetto e dare la colpa delle mancate riforme all’ignavia del Pdl. L’apertura berlusconiana al dialogo mirava a togliere alibi al Pd e a ricompattare il Pdl, la rispostaccia di Bersani ad inasprire il clima e rendere più impervia l’intesa.
E questo preoccupa Napolitano, che ha voluto manifestare con la convocazione di ieri al Colle l’impegno suo e del governo a favore delle riforme, da fare
in fretta anche per rispondere all’onda crescente dell’antipolitica: «Non esitino e non tardino i partiti a muoversi concretamente e a concordare in Parlamento soluzioni che sono divenute urgenti. Anzi indilazionabili».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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