il commento 2 Eccoli i veri rischi del cibo «naturale»

di Giuseppe Marino

Sembra già di sentirli, sembra di sentirci. Nei discorsi da bar che riempiono le nostre giornate (specie di chi frequenta il bar globale di internet): che brutta fine, ecco che succede a mangiare quella robaccia che ci propinano, mica come il pranzo che ci cucinava la nonna. E giù con la tiritera sui cibi naturali, il biologico, l'equo e solidale, l'integrale, il probiotico, l'ecodinamico, le galline allevate all'aperto, le mucche accarezzate, i maiali affettati con gentilezza. La grande distribuzione da tempo cavalca il trend delle nostre fobie stampigliando sulle confezioni scritte colorate che ripetono quegli slogan e altri, spesso privi di significato, tipo «naturale al 100%». E noi abbocchiamo, spalancando il portafogli, disposti a pagare di più per tingerci di verde la coscienza.

Eppure la drammatica vicenda di Fiumicino, quelle morti assurde per un'intossicazione alimentare, raccontano una verità esattamente opposta: il cibo avariato era proprio l'agognato cibo «naturale», ma non era conservato con le cautele imposte al nostro vituperato sistema di distribuzione alimentare. Un sistema che forse ci priva di qualche sapore antico. Ma ha anche salvato migliaia di vite da salmonella, botulino e infezioni varie.

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