di Oscar Grazioli
Anche se mangio ormai pochissima carne, non posso dire di essere vegetariano. Confesso di non aver ancora superato con sufficienti motivazioni etiche il piacere di quegli affettati cui un reggiano fa veramente fatica a rinunciare. Ci sono poi alcuni alimenti che potrebbero essere la quintessenza del piacere gustativo, ma ai quali rinuncio volentieri per motivi etici ampiamente sufficienti: le carni di equidi, agnello, vitello e cacciagione ne sono un esempio. Ammetto che potrei essere accusato di molte contraddizioni (perché il maiale sì e l'asino no?). Nessuno è perfetto. Datemi tempo e forse un giorno avrò le idee più chiare. Tra gli alimenti che non mangio, neanche quando vado in Francia, c'è il foie gras, per tre semplici motivi. In ordine d'importanza, il primo è perché è ottenuto con un metodo barbaro e crudele, il secondo perché mi fa schifo l'idea di mangiare un organo malato, il terzo perché non mi piace neanche tanto da superare i primi due. Ergo, ne faccio volentieri a meno e plaudo all'iniziativa della Coop che ha deciso di eliminarlo dai suoi scaffali peraltro sotto le feste, quando si ha il picco massimo di vendite. Il patè francese è una contraddizione palese anche per quanto riguarda l'aspetto legislativo. Il regolamento di polizia veterinaria vieta di mettere in commercio, per l'alimentazione umana, di organi malati. Quindi il foie gras non potrebbe neanche essere venduto, in quanto proviene da un organo che, attraverso un'alimentazione volutamente sbagliata, diviene gravemente malato (steatosi e lipidosi epatica). Se poi pensiamo a come viene ottenuto, è evidente che quest'alimentazione completamente sbilanciata verso i grassi e i carboidrati, deve essere forzata, in quanto nessuna oca, per quanto «oca» sia si sognerebbe mai di mangiare una simile schifezza. La forzatura consiste in torture crudeli e disumane nei confronti degli animali (il cosiddetto «gavage»). Il fegato così assume proprorzioni tali per cui, oltre a perdere la sua funzionalità, espande l'addome a tal punto da impedir loro di camminare. Non pochi animali muoiono per lacerazioni o perché il fegato letteralmente «scoppia».
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