il commento 2 Ma piuttosto che a Praga portiamoli a Pisa

di Maurizio Caverzan

È un misto di esterofilia e di voglia di evasione quello che porta docenti e studenti italiani a preferire mete straniere per le gite scolastiche. Il 55 per cento contro il 45 delle città italiane, Roma, Firenze e Venezia che risale al terzo posto, dopo l'exploit dell'anno scorso di Torino in occasione del 150° dell'Unità d'Italia. Tra allievi e professori c'è un'alleanza nel puntare lontano per vedere metropoli altrimenti difficilmente raggiungibili. Così, in vetta alla classifica delle cosiddette «visite didattiche» c'è Praga che è pur sempre una città piena di storia e nella quale andarci costa poco. Al secondo posto di gran moda Barcellona che ha sostituito Amsterdam come meta della trasgressione. Poi Berlino. Una volta cresciuti i nostri rampolli sapranno tutto dei locali della movida catalana o dei grattacieli della Potsdamer Platz. Ma magari, per citare due esempi a caso, non avranno mai visto il Campo dei Miracoli di Pisa o il Duomo di Monreale con i suoi mosaici bizantini. L'Italia ce l'abbiamo sempre qui, si ripete al momento di scegliere la destinazione della trasferta primaverile. È un alibi di comodo. Bypassate da giovani, le nostre città finiranno in coda alle priorità turistiche. Quello che non si vede quando si è ragazzi, difficilmente si va a visitare da adulti. Una volta, come cantava Finardi, «tornando la sera dalle gite della scuola sui sedili in fondo alla corriera s'imparava a dire le parole dell'amore». Oggi si viaggia in aereo e dunque, Parigi e Londra sono dietro l'angolo. Così, la conoscenza dell'Italia rischia di restare lacunosa. Non è solo una malintesa pedanteria didattica a far dire che Napoli e Siena andrebbero anteposte alle capitali europee.

Il nostro Paese possiede il più vasto patrimonio artistico mondiale. Secondo logica, volendo formare la futura classe dirigente da qui bisognerebbe cominciare. Per comprendere chi siamo conviene partire dalla nostra storia e delle nostre radici.

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