RomaI Tullianos s'impigliano ancora nel Corallo. Dalle carte sequestrate dalla Gdf al padrone del gruppo Bplus-Atlantis durante la perquisizione nella casa romana dell'imprenditore a novembre 2011, nell'ambito dell'inchiesta milanese sui finanziamenti concessi alla holding del gioco da Ponzellini per la Bpm, non sono saltati fuori solo i passaporti della compagna di Gianfranco Fini, Elisabetta e del fratello Giancarlo e la richiesta di apertura di un conto corrente, spediti nel 2008 da Corallo al fiduciario James Walfenzao (personaggio centrale nell'affaire della casa di Montecarlo), ma anche altri documenti.
In un hard disk, secondo l'Espresso, gli inquirenti avrebbero trovato prove di «rapporti economici tra i due fratelli e almeno una delle ricchissime società dell'imprenditore di origine catanese trapiantato ai Caraibi». Dunque, oltre al «contatto» per non meglio chiariti business caraibici con Walfenzao (rappresentante delle off-shore Printemps e Timara, create per nascondere il reale acquirente della casa venduta da An a Montecarlo), i Tulliani erano in affari direttamente con il re delle slot, del quale gli inquirenti milanesi rimarcano i rapporti con esponenti dell'ex An, tra i quali il parlamentare Pdl ed ex manager Atlantis Amedeo Laboccetta e lo storico braccio destro di Fini, Checchino Proietti, deputato di Fli. Quest'ultimo, tra l'altro, negli anni scorsi avrebbe ricevuto, direttamente o tramite società a lui riconducibili, circa 600mila euro proprio dalla Atlantis, una vicenda i cui contorni sta provando a chiarire la procura di Tivoli. Tornando ai «nuovi» legami finanziari tra «Tulliani Bros» e l'uomo dell'Atlantis, quei file ripescati dal pc, pur esaminati dagli investigatori della Gdf, sarebbero rimasti fuori dal fascicolo d'indagine: per i pm lombardi al momento provano solo «normali rapporti economici». Documenti privi di rilievo penale, dunque, ma densi di significati politici. Significati traducibili - considerato che Corallo è latitante e ricercato dall'Interpol, e che Walfenzao è l'uomo al centro dello scandalo monegasco - in una nuova grana e un potenziale ricatto per Gianfranco Fini, che all'epoca dei primi contatti documentati tra i Tulliani e Corallo (i fax con i passaporti risalgono al periodo marzo-giugno del 2008, a ridosso dell'affaire immobiliare monegasco) aveva «ufficializzato» la sua relazione con Elisabetta solo da pochi mesi.
Il presidente della Camera, che nel 2004 era stato immortalato insieme a Proietti seduto a tavola nel ristorante di uno dei casinò di Corallo a Saint Marteen, sull'invio dei documenti della compagna tra l'imprenditore e Walfenzao ha espresso «amarezza per comportamenti che non condivido». Chissà se sapeva degli altri affari avviati dalla compagna e dal cognato con l'uomo delle slot. Sul fronte giudiziario, Fini ha poco da temere. Anche la procura di Roma, che aveva indagato sulla svendita della casa ricevuta in eredità da An e finita nella disponibilità del cognato Giancarlo, oltre ad archiviare, ora si è affrettata a spiegare che qualsiasi novità dovesse giungere dai carteggi caraibici che coinvolgono Tulliani è preventivamente irrilevante. Questo perché per i pm romani Fini era il «padre padrone» di An, che per la sua natura di associazione privata non riconosciuta poteva fare ciò che voleva del suo patrimonio, salve le eventuali azioni in sede civile degli ex iscritti al partito per il risarcimento danni. Ma i pm milanesi stanno approfondendo anche un altro filone, quello di «bonifici di rilevante importo verso l'estero» partiti tra 2004 e 2006, per un valore complessivo di circa 100milioni di euro, già «attenzionati» da una verifica fiscale della Gdf, il cui verbale è stato sequestrato nella perquisizione a casa Corallo all'interno di una cartellina intestata a Laboccetta.
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