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Comunisti e Idv scaricano il democratico Bersani Manovre per il "polo rosso"

Diliberto e Ferrero: "Con Vendola e Di Pietro al 20%, battiamo Grillo e cambiamo i rapporti di forza col Pd". Grillo si mette pure a citare Lenin

Comunisti e Idv scaricano  il democratico Bersani  Manovre per il "polo rosso"

Avrà pure l’aspetto dell’oste, Pier Luigi Bersani. Il fatto è che i conti tornano anche senza di lui. Li hanno fatti i redivivi Oliviero Diliberto e Paolo Ferrero, ed è venuto fuori un bel 20 per cento. Tanto vale, secondo i segretari di Pdci e Prc, l’alleanza della loro Federazione della Sinistra con Sel e Idv.
A volte ritornano e i comunisti son tornati, forti di un risultato alle Amministrative non a due cifre, ma inaspettato persino per loro. All’urlo di: siamo vivi e lottiamo contro il governo Monti, nuovo collante per la resurrezione, ieri si son trovati nel centro di Roma fra bandiere rosse e innesti insperati: «Ci sono delegazioni ufficiali di Idv ed esponenti di Sel» ha avvertito Diliberto, che ha parlato di «rivincita dopo quattro anni infernali» e auspicato una coalizione che «cambierebbe i rapporti di forza col Pd». Il leader democratico veda un po’ lui cosa vuol fare, oltre a rincorrere al centro un Pier Ferdinando Casini che intanto è in fuga, così pare, verso destra. In primo piano adesso c’è Beppe Grillo. Chi per combatterlo, come vorrebbe fare l’Oliviero, chi per corteggiarlo, come prova a fare Tonino.

Sguardi rivolti alla Francia tornata socialista. Dice Vendola che se il Pd «si desse una mossa», si potrebbe puntare direttamente a una vittoria in Hollande style. In effetti, «Nichi ma che stai a dì» sulla questione dice la prima cosa davvero chiara, così rurale nella sua brutalità che pare di sentire Di Pietro: «Il Pd si dia una mossa: c’è il centrosinistra? Allora diciamolo. Il nostro programma è come quello di Hollande? Se è così sono pronto a sottoscriverlo. Se invece è un ibrido incomprensibile, ambiguo e opaco, io non ci starò. È chiaro?».
La coalizione, dice Nikita, va costruita «con Bersani, Di Pietro e i tanti altri che sentono insopportabile la situazione in Italia e in Europa». Mentre Bersani traccheggia, per usare un termine che gli è caro, «i tanti altri» hanno alzato la mano, anzi il pugno chiuso. Vendola chiama «una coalizione che fa della lotta alla precarietà la propria ragione fondamentale di esistenza»? Loro son pronti, figurarsi: è da quando con abile mossa Walter Veltroni li ha sbattuti fuori dal Parlamento che non parlano d’altro. I tempi stringono. Perché è vero che Bersani ha già detto di voler unire tutti dall’Udc a Sel. Ma non è che potrà sostenere fino alla fine «un governo di tecnocrati liberisti», come lo definisce Vendola, «forte coi deboli e debole coi forti» come lo vede Diliberto.

E poi c’è Tonino. I grillini gli hanno rubato metà dei voti e adesso il dubbio è: coalizzarsi col nemico, che prima di presentarsi alle elezioni col Movimento 5 Stelle era un amico, la mente di piazza che armava il braccio dipietrista in Aula? Oppure coalizzarsi con la Sinistra? Tonino comunista non lo è mai stato, anche se Diliberto insiste nel ricordare che «ha sempre preso posizioni identiche alle nostre».

Invece con Grillo condivide molte battaglie, una su tutte quella contro Giorgio Napolitano, per la quale proprio ieri la Procura di Salerno ha aperto un fascicolo contro ignoti per «offesa all’onore e al prestigio» del capo dello Stato dopo certi pesanti sfoghi dei grillini sul web. Se Napolitano per Beppe è Morfeo, per Tonino è Ponzio Pilato. Prima del voto, Di Pietro marcava la distanza: «Io critico ma voglio costruire un’alternativa. Grillo mira a sfasciare tutto e basta».

Adesso che l’alternativa è Grillo, Di Pietro la mette così: «Io e lui insieme? È come chiedermi se voglio sposare la Shiffer: chiedetelo a lei».

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