Cronache

Il condominio? Paga anche il cane

Una donna di Reggio Emilia si è vista recapitare le spese per il labrador: «Consuma acqua pure lui»

Il condominio? Paga anche il cane

Il cane? Se vive in condominio, è tenuto al pagamento delle spese condominiali. Gli animali (e per essi i loro amici uomini) volevano pari diritti. Li hanno ottenuti. Per anni erano stati l'oggetto di accese dispute di pianerottolo, combattute in nome della tolleranza e dell'amore verso cani, gatti, uccelli ed affini. Poco meno d'un anno fa il Parlamento licenziava la legge (la 220 del 2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013) che modificava il codice civile in termini più consoni alle moderne sensibilità, introducendo un principio fondamentale: «Le norme dei regolamenti condominiali non possono vietare di possedere o detenere animali domestici in casa». Detto fatto: bipedi, quadrupedi e volatili di qualunque specie e stazza hanno finalmente potuto far libero e indisturbato ingresso tra le mura domestiche. Con piena dignità e, però, anche qualche onere. Uno in particolare: contribuire alle spese.

Incredibile? Vero. Il caso è scoppiato a San Martino in Rio, alle porte di Reggio Emilia. Patrizia Amaduzzi e il suo Roan, adottato in canile nel 2010, si sono visti recapitare le richieste di pagamento delle quote condominiali. Una per la signora ed il compagno, titolari d'un alloggio delle case popolari di piazza dell'Acqua, ed una per il coinquilino a quattro zampe. Per il servizio idrico dovranno scucire 75 euro al mese: 30 euro a cranio i padroni, 15 il loro cucciolo. Che poi tanto cucciolo non è, trattandosi di un labrador di 6 anni. «Quando ho ricevuto la lettera - racconta la donna - lì per lì non ho reagito, ma non esiste che un cane sia chiamato a pagare le spese condominiali». Così la signora è andata a reclamare chiarimenti al consorzio «Casa mia», una cooperativa che collabora alla gestione del palazzo sammartinese. La risposta? Negativa. «Nulla di strano. Accade anche altrove», commenta

Secondo Malaguti, presidente di «Casa Mia». Duro invece Lorenzo Croce di Aidaa: «Una ridicola barzelletta, ma se è vera non esiteremmo un secondo a portare questi signori in tribunale. Se il cane è condomino allora ha diritto di voto in assemblea...»

La spiegazione logica ad una vicenda apparentemente surreale trova radice nella legge regionale emiliana che dal 2001 consente agli assegnatari di appartamenti di edilizia residenziale pubblica «di partecipare al procedimento di approvazione dei regolamenti». In Emilia Romagna la chiamano autogestione. «Ogni condominio - precisa Malaguti - decide da sé cosa fare. Quello di piazza dell'Acqua ha stabilito che al pagamento dei servizi comuni debbano contribuire anche gli animali domestici». Quelli come Roan? «Sì: utilizzano l'ascensore per i loro spostamenti e l'acqua per le loro esigenze. Credo sia giusto chiamare i proprietari a risponderne». Certo, non esiste una tabella universalmente valida. Al momento, il criterio di riferimento pare essere legato alla taglia: i piccoli sono esentati, per i grandi si paga. Quanto? Il 50% dell'importo richiesto ai condòmini umani e, soprattutto, pro-capite. Perché con l'autogestione la ripartizione delle spese non avviene più sulla scorta delle tabelle millesimali, ma per teste. Colpa del galoppare delle tariffe di acqua, luce e gas, ma pure dell'avanzata del fenomeno migratorio. «Una volta non ci si faceva caso - sottolinea Malaguti, alle spalle una formazione sindacale nella Cgil - Ma poi, quando con l'arrivo degli extracomunitari ci si è accorti che in case per quattro spesso trovavano posto anche sei, sette, otto persone s'è deciso di dividere le spese ripartendole equamente tra i condòmini». E adesso anche tra gli animali: per ogni diritto c'è sempre un dovere.

Ed un prezzo da pagare.

Commenti