Roma - Adesso partono i pontieri. Berlusconi, forte del risultato elettorale, riattivare tutti i canali di comunicazione con il Pd. C'è da risolvere una situazione esplosiva che, se non si disinnesca in fretta, potrebbe portare il Paese nei guai. Chiaramente occorre trattare con Bersani, il vincitore zoppo delle elezioni.
Per questo motivo il Cavaliere si affida, ancora una volta, alle capacità pacificatorie di Gianni Letta che proprio ieri sera - riferisce l'agenzia Asca - è stato visto uscire da Palazzo Chigi. Dopo, dicono i ben informati, un faccia faccia con Mario Monti. Ma a Letta - che rimane in prima fila e in perfetta sintonia con Berlusconi - è affidata soprattutto la pratica «trattativa col Pd». Tanto che l'ex sottosegretario s'è mosso subito, tenendo aperti i contatti con molti democratici, ma soprattutto con Massimo D'Alema. Naturalmente il confronto è a tre, visto che l'ex sottosegretario azzurro aggiorna costantemente anche il capo dello Stato. Voci che non trovano conferme raccontano che lo stesso Berlusconi abbia parlato direttamente con qualche esponente piddino per sondare le più profonde intenzioni dei democratici. Quello che è emerso è che, purtroppo per il Cavaliere, gran parte degli uomini più vicini a Bersani continuano ad essere allergici a un qualsivoglia rapporto con il Pdl. «Io l'apertura la faccio, ma sono in troppi a non volere alcun rapporto con noi», ammette tra lo sconsolato e il preoccupato il Cavaliere. Berlusconi è consapevole che il Pd è spaccato. Alcuni sarebbero disposti a un gesto di responsabilità e dar vita a un esecutivo con un programma minimo che rassicuri mercati e cancellerie. Altri invece preferiscono cercare l'intesa con i grillini, convinti che un'intesa con il Cavaliere venga letta come l'inciucio da respingere in toto.
Berlusconi spera che i cinquestellati continuino a chiudere la porta in faccia a Bersani, rendendo inevitabile la trattativa Pd-Pdl. Certo, la mossa dei giudici, a palazzo Grazioli, viene vista come una bomba sulla difficile strada della costruzione di un governo di larghe intese. Ma il Cavaliere non demorde. Anche perché, nel Pdl, sono quasi inesistenti le forze, speculari ai democratici radicali, che dicono «mai più col Pd». Di sicuro ci sarà qualche deputato refrattario a sedersi ancora al tavolo assieme ai piddini, ma il loro numero è esiguo. La parte più intransigente, da questo punto di vista, se n'è infatti andato sotto le insegne dei Fratelli d'Italia a guida Meloni-La Russa.
Altro problema: i contenuti. Il Cavaliere in cuor suo spera di trovare dei punti di contatto con il Pd su alcune questioni fondamentali. In primis una nuova legge elettorale ma anche un drastico taglio ai privilegi della casta. Ma anche su altri argomenti il dialogo potrebbe non essere tra sordi. In cima alla lista, la proposta di detassare le nuove assunzioni ma anche - fondamentale per il Cavaliere - la ricerca del modo per abbassare le tasse. Sulla proposta pidiellina in materia di lavoro, niente tasse per chi assume, neppure Bersani aveva gridato allo scandalo. Si potrebbe partire da lì. E anche sull'Imu sulla prima casa, che Berlusconi avrebbe voluto restituire, il segretario del Pd non era stato tranchant. Certo, per il piddino si tratta di «rimodularla» ma ci si potrebbe venire incontro. Altro elemento di vicinanza: un nuovo atteggiamento nei confronti dell'Europa. La linea anti-austerity della Merkel trova concordi tutti: Pdl, Pd e persino i grillini. E poi le spese: tutti in fondo dicono di voler aggredire il debito pubblico tagliando le spese. Basta mettersi attorno a un tavolo e decidere dove azionare l'accetta. Magari procedendo con le dismissioni di beni pubblici.
E Monti? Dovrebbe essere della partita anche lui? Certo, per Berlusconi il Professore ha sbagliato in toto la medicina da somministrare al Paese.
E l'altro ieri Cicchitto - seppur a titolo personale - aveva aperto a Bersani ma chiuso a Monti. Tuttavia, nell'ambito di un esecutivo di salvezza nazionale, non possono esserci preclusioni nei confronti di alcuni. Ma, ragiona il Cavaliere, il Professore conta così poco in Parlamento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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