Conti pubblici Le stime dell'Economia

RomaPiepaolo Baretta garantisce: quest'anno non servirà una manovra correttiva. Il sottosegretario all'Economia ripete il suo «mantra» dagli studi di Omnibus de La7. E spiega che nel 2014 l'Italia rimarrà ampiamente al di sotto di un deficit nominale del 3%.
E nel 2015, quando scatterà la tagliola del fiscal compact? A leggere i numeri ufficiali del governo, l'applicazione di questo accordo non dovrebbe essere così traumatico per i conti pubblici. L'innovazione tecnica più importante del fiscal compact è la riduzione predefinita del debito pubblico per i paesi (quasi tutti) che superano il limite del rapporto del 60% del debito in rapporto al pil. Per l'Italia si tratta di ridurre, in vent'anni, il debito del 75% del pil. Cioè, deve del 3,75% all'anno.
Il debito pubblico si riduce in due modi: con le privatizzazioni (i proventi confluiscono in un Fondo ammortamento titoli che serve a tagliare le emissioni di titoli pubblici) e con l'avanzo primario; che altro non è un indicatore calcolato sulla differenza tra entrate e spese, al netto della spesa per interessi.
Il prossimo anno il governo stima di registrare un avanzo primario del 3,3%; ma dal 2016 sale rapidamente al 4,2% fino a raggiungere il 5% nel 2018. In altre parole, a parte il valore del 2015, inferiore dello 0,4% al target annuo fissato dal fiscal compact, il governo dice di essere in grado di rispettare l'impegno di una riduzione strutturale del debito pubblico.
Non solo. Seppure molto a rilento (ed al di sotto delle aspettative) il piano di privatizzazioni va avanti. Fincantieri debutterà in Borsa il 3 luglio. Mentre sembra procedere a passo di lumaca la cessione di quote minoritarie di Poste ed Enav. Vale a dire che, entro il 2015, è probabile che la quota di debito pubblico da aggredire in modo costante sarà ridotta se queste privatizzazioni andranno in porto.
I problemi del governo sul fronte della finanza pubblica, semmai, sembrano derivare dalla difficoltà a tradurre in norme le riforme annunciate. Un esempio su tutti: non era mai successo che un decreto approvato dal consiglio dei ministri aspettasse quasi due settimane prima d'essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
E solo il varo di riforme strutturali è la condizione per la quale Bruxelles guarderà con maggiore attenzione il deficit strutturale da quello nominale: la valutazione del deficit strutturale è politica; quella del deficit nominale è - da sempre - aritmetica. Se, nominalmente, l'Italia resterà con un disavanzo sotto il 3% ha la possibilità di negoziare lo scorporo di determinate spese dal calcolo del deficit. Eurostat non calcolerà quelle in ricerca e sviluppo.

Ma è sul fronte fiscale che Renzi si gioca la partita della flessibilità Ue. Nel 2015 dovrà coprire gli «80 euro» ed estendere la platea. Costo previsto, oltre 12/15 miliardi: 8 miliardi potranno arrivare dal deficit, ma altrettanti dovranno arrivare con la Legge di Stabilità.

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