Conti in rosso e Ior L'ultima grana sulla via del Conclave

Ieri resa dei conti tra i cardinali sui dossier finanziari "Famiglia Cristiana" contro la banca di Dio: "Sia etica"

Conti in rosso e Ior L'ultima grana  sulla via del Conclave

Padre Federico Lombardi, il portavoce della Santa Sede, sminuisce la portata della comunicazione: ieri i cardinali in pre-conclave hanno parlato delle finanze vaticane. «Un atto dovuto, previsto dalla costituzione apostolica Pastor Bonus», dice. Tre relazioni dei capi dicastero competenti sui bilanci e lo Ior: Versaldi (Prefettura degli affari economici), Calcagno (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica) e Bertello (Governatorato).

Padre Lombardi riferisce i tre nomi, ed è un'eccezione importante nella riservatezza sui lavori delle congregazioni. «Hanno offerto in modo sintetico ma chiaro i principali dati sulla materia, che non si discostano da quanto comunicato a luglio assieme al bilancio vaticano».
Dati non positivi: il consuntivo consolidato della Santa Sede per il 2011 ha chiuso con un disavanzo di quasi 15 milioni di euro. Il Governatorato, che ha una gestione autonoma, ha invece registrato un attivo di circa 22 milioni soprattutto grazie all'apporto dei 5 milioni di visitatori dei Musei vaticani. Lo Ior ha girato al Papa una somma di 49 milioni di euro «a sostegno del suo ministero apostolico e di carità».

Famiglia cristiana ha addirittura proposto di «chiudere con lo Ior», liberando la Santa Sede «da ogni legame (e ancor più da ogni compromissione) con la finanza» poiché «il potere corrompe. Più si concentrano in Roma e nella Curia decisioni e poteri, più i rischi di deviazione aumentano. Le mura vaticane non riescono a chiudere fuori il peccato originale»: così scrive sul settimanale dei Paolini lo storico Giorgio Campanini. Il quale propone di adottare il modello delle banche etiche, in cui il credito «è accordato con criteri di grande severità e finalizzato soprattutto a progetti di sviluppo, con la totale esclusione di finalità speculative» e con la garanzia della trasparenza. Lo statuto dello Ior stabilisce che la banca vaticana ha scopo di lucro e che l'utile realizzato non viene distribuito agli azionisti ma a opere di carità. Bilancio e movimenti sono a conoscenza di poche persone: il Papa, i cardinali che lo controllano, il prelato (vacante dal 2010), i sovrintendenti laici, la direzione, i revisori.

Le finanze, e soprattutto lo Ior (ma padre Lombardi non l'ha mai nominato), sono un capitolo decisivo nell'ambito dell'«operazione trasparenza» chiesta da molti porporati alle congregazioni generali. Scandali, cattiva gestione, inchieste, soldi sequestrati. Alle storiacce del passato (la Banca privata di Sindona, il crac Ambrosiano, il passaggio delle tangenti Enimont) si aggiungono i «buchi neri» di oggi: le mazzette sulle Grandi opere, le operazioni sospette di riciclaggio, le speculazioni, i 23 milioni di euro sequestrati nel 2010, l'allontanamento del presidente Ettore Gotti Tedeschi, i dissidi sulle nuove regole da adottare perché il Vaticano potesse uscire dalla «lista nera» dei Paesi che non aderiscono alle convenzioni internazionali anti-riciclaggio.

Proprio dalla gestione finanziaria sono scaturite le fughe di notizie. Così almeno ha sostenuto Paolo Gabriele, l'ex aiutante di camera di Benedetto XVI condannato per la fuga di materiale riservato.

Ieri Repubblica ha pubblicato un'intervista a un «corvo» anonimo, il quale fa risalire Vatileaks a quando «il Santo Padre decise di realizzare un'operazione di razionalizzazione delle attività economiche della Santa Sede attraverso monsignor Carlo Maria Viganò», poi mandato negli Usa.

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