RomaSubito, con un decreto, lo smantellamento della riforma Fornero per quanto riguarda il contratto a termine e l'apprendistato. Tempi più lunghi, quelli necessari all'Iter di un disegno di legge più altri sei mesi, per le materie più problematiche: la riforma degli ammortizzatori sociali, e anche il riordino delle forme contrattuali. Comunque riforme a costo zero per il dicastero guidato da Giuliano Poletti.
Il premier Matteo Renzi ha presentato il capitolo lavoro partendo dalla flessibilità in entrata. E sottolineando la discontinuità rispetto al passato. Ci sono «due strumenti della legge Fornero che vengono, non dico smontati ma sostanzialmente semplificati». Per quanto riguarda l'apprendistato, la semplificazione «servirà a far diventare questo contratto la porta di accesso al mondo del lavoro».
Le linee guida del decreto, illustrate dal ministro, prevedono una sforbiciata agli adempimenti, particolarmente complessi che fino ad oggi hanno frenato l'utilizzo di questo contratto. Ad esempio quelle relative alla registrazione. Poi non ci sarà più il limite che impediva ai datori di assumere nuovi apprendisti se il precedente contratto non si sarà trasformato in un'assunzione. Un limite che era stato inserito dalla riforma del 2012, ma che - ha spiegato Poletti - ha scoraggiato l'utilizzo di questo strumento. Altra novità, la retribuzione dell'apprendista, per la parte riferita alle ore di formazione, sarà «del 35% della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento». Poi scompare l'obbligo di integrare la formazione professionale con «l'offerta formativa pubblica».
Per quanto riguarda i contratti a termine, viene triplicato il limite della Fornero. La durata del primo rapporto di lavoro per il quale non è richiesto il requisito della causalità, passa da un anno a tre anni, con un limite del 20% nel complesso dei dipendenti. Poi viene facilitata anche la possibilità di andare oltre i tre anni.
Una mini riforma particolarmente gradita dalle aziende, che sono state escluse dal grosso della riduzione fiscale. Anche se, confermando le indiscrezioni degli ultimi giorni, un taglio (del 10%) dell'Irap è tornato, coperto dall'imposta sulle rendite finanziarie.
Il resto del Jobs act, va in una legge delega. Ci sono i nuovi ammortizzatori sociali, anche se le novità non saranno così radicali come si pensava. Misure a costo zero che da una parte mettono dei limiti all'uso della cassa integrazione tradizionale, che sopravvive. Il nuovo ammortizzatore diventa praticamente la vecchia Aspi del governo Monti, ma con meno vincoli e un'estensione ai contratti di collaborazione. Poi semplificazioni, come la smaterializzazione del Durc, il documento di regolarità contributiva.
La parte sul lavoro ha ottenuto apprezzamenti da sindacati e imprenditori. Un «piano positivo» per Susanna Camusso, leader della Cgil. D'accordo Luigi Angeletti, segretario della Uil. Il leader della Cisl Raffaele Bonanni si è tolto la soddisfazione di dire che Renzi «non ha voluto confrontarsi», ma «ha preso a mani piene tutta la nostra impostazione». Per l'Alleanza delle cooperative il provvedimento «restituisce una sana flessibilità per l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro». Anche da Rete Imprese, giudizi positivi, sia pure solo sulla parte lavoro.
Per il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, giuste le misure sui contratti, ma la riduzione dell'Irap «rischia di essere irrilevante per due terzi» delle aziende. Confcommercio segnala «l'errore di escludere il lavoro autonomo» dal taglio Irpef.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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