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La contromossa dei falchi Congresso o nuovi gruppi

Pronto un documento firmato da cento parlamentari che vogliono accelerare su Forza Italia. E ribadiscono la lealtà a Berlusconi

La contromossa dei falchi Congresso o nuovi gruppi

Roma - L'azzeramento dell'organigramma, un'accelerata nello start up di Forza Italia. E poi un congresso, o almeno nuovi gruppi alla Camera e al Senato. Presto, prestissimo, quasi subito. È la road map dei «lealisti» dell'agonizzante Pdl, la proposta choc che rimette la palla al centro nella partita tra i «diversamente berlusconiani» che hanno seguito il vicepremier Angelino Alfano e i berlusconiani-e-basta. Questi ultimi ieri hanno ritrovato l'orgoglio, ricompattato le fila e sono partiti in contropiede. E siccome ogni match alla fine è deciso dai numeri, il tabellone segnapunti rumina cifre instancabile. Ai quarantacinque o giù di lì parlamentari alfaniani che hanno fatto outing mercoledì giocando al tradimento del loro leader si contrappongono i cento fedelissimi del Cav, che ieri hanno firmato un documento di lealtà al presidente, scavalcando inoltre a sinistra gli alfaniani in nome della democrazia interna. Il foglio fitto di nomi è stato consegnato in serata allo stesso Berlusconi, che ne è stato rincuorato. Prima di tutto, però, c'è stato l'appello nominale. Telefonate, firme, appostamenti per fare uscire dal guscio quelli che si erano mimetizzati, gli incerti, i senza voce. Anche quelli che si erano nascosti dietro gli appelli all'unità a tutti i costi (esplicitamente Maurizio Gasparri e Altero Matteoli, con aplomb più istituzionale Renato Schifani) per non prendere una posizione precisa.

Il catalogo è questo. Dentro la nuova Forza Italia forse meno affollata di prima ma certamente più compatta ci sono naturalmente Daniela Santanchè, Denis Verdini, Renato Brunetta, Sandro Bondi, Stefania Prestigiacomo, Niccolò Ghedini, Daniele Capezzone, Giancarlo Galan, Mara Carfagna, Michaela Biancofiore, Mariastella Gelmini. Ci sono Renata Polverini, Saverio Romano, Raffaele Fitto, Augusto Minzolini, Alessandra Mussolini, Giuseppe Galati, Francesco Giro, Gianfranco Rotondi, Deborah Bergamini. Ci sono le pattuglie regionali, come quella dei campani (i senatori Vincenzo D'Anna, Ciro Falanga, Pietro Langella, Antonio Milo, Francesco Nitto Palma) e quella dei pugliesi (Donato Bruno, Francesco Liuzzi, Luigi Perrone) i marchigiani capitanati da Remigio Ceroni, i piemontesi con Manuela Repetti, i veneti di Lucio Malan ed Elisabetta Alberti Casellati. Ci sono quelli che a Berlusconi devono tutto e non vogliono morire democristiani dopo avere inseguito il sogno liberale.
Dopo il mercoledì di follia è un giovedì di calma apparente. La tragedia di Lampedusa congela lo psicodramma pubblico ma non il lavorìo interno dei falchi, addomesticati per un giorno dalle colombe mannare. Ieri e altri esponenti dell'inner circle di Berlusconi si sono ritrovati spontaneamente, senza bisogno della cartolina rosa, nella sede nuova di pacca di San Lorenzo in Lucina, quella su cui ormai è scritto: citofonare Forza Italia. Già, Forza Italia. La rottura con i «diversamente berlusconiani» è data per consumata dai fedelissimi del Cavaliere.

Il quale dondola tra la tentazione di fare da padre nobile ai due possibili gruppi, unico caso di leader uno e bino (manca solo questo al curriculum mostruoso del Cavaliere) e la deriva sentimentale di ricostruire l'unità del partito facendo un passo indietro: insomma, da un Alfano berlusconiano a un Berlusconi alfaniano. Prospettiva vista come il fumo negli occhi dai pasdaràn. Che ieri, oltre a contare le truppe, hanno ripreso l'instancabile pressing sul Cavaliere. «È questo il momento di agire - avrebbero sussurrato a Berlusconi - perché l'attendismo va a vantaggio soltanto del subdolo Alfano. Tra qualche settimana tu potresti trovarti agli arresti domiciliari e il tuo delfino si ritroverebbe le chiavi del partito in mano. Se invece giochiamo d'anticipo, al massimo si troverà con i filogovernativi e alle prossime elezioni farà la fine di Fini». Da qui il documento, la conta, le proposte choc, la disponibilità acclarata del coordinatore Denis Verdini e presunta del socio Sandro Bondi e del capogruppo alla Camera Renato Brunetta a fare se non un passo indietro almeno uno a lato.

A mali estremi, estremi rimedi.

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