Don Jesus Minambres, lei è docente di Diritto patrimoniale canonico alla Pontificia università della Santa Croce, esperto di riforme della Curia.
Ritiene che sia giunto il momento?
«Non è la prima sfida. Penso che sia più importante l'evangelizzazione. Tuttavia è di interesse anche il riordino del governo centrale».
Come lo immagina?
«Nel segno della comunione. Identificherei due linee guida: la collegialità, come capacità di ascolto dell'episcopato nel mondo, e il coordinamento interno tra i dicasteri. Entrambe fanno riferimento alla comunione, che Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte aveva indicato come guida del millennio».
Quali sono state le riforme più significative degli ultimi cento anni?
«Quelle di Pio X nel 1908, di Paolo VI nel 1967 e di Giovanni Paolo II, che nel 1988 promulgò la Costituzione apostolica Pastor Bonus tuttora vigente».
E con Benedetto XVI?
«La struttura è rimasta invariata. Ci sono stati alcuni aggiustamenti. L'unica cosa è il minore accesso diretto dei curiali al Papa. Non tanto per precisa volontà di governo, forse più per carattere».
Quanto pesa la Segreteria di Stato?
«Dipende molto dalla gestione del Papa e del Segretario di Stato perché chi coordina può fare filtro. L'impressione è che sia andata in questo modo».
Poi c'è il coordinamento dei dicasteri.
«Sì, credo che sia sfruttata poco la riunione dei capi dicastero - una specie di Consiglio dei ministri con il Papa. Si potrebbe sfruttare di più per coordinare il lavoro».
Verso l'esterno la richiesta sembra di maggiore collegialità.
«Bisogna capire cosa si intende. In senso teologico riguarda i vescovi. Si può fare qualcosa in più per quanto riguarda gli atti di indirizzo. Ma la Chiesa come struttura non sarà mai democratica, nel senso politico"».
In un intervento da cardinale, Ratzinger sosteneva che alla base di ogni riforma vi è la conversione personale...
«Ha governato la Chiesa con questo desiderio di portare le persone a Cristo. Questa è stata la sua priorità, e ha ritenuto meno rilevanti gli interventi sugli organismi della Curia».
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