Così il centrodestra ha ripulito Caivano

Dalle piazze di spaccio ai campi sportivi, dalle case occupate ai nuovi poli universitari. Così rinasce Caivano: il reportage

Così il centrodestra ha ripulito Caivano

Riprendere le periferie per sconfiggere le mafie. Solo tre anni fa Caivano era il Bronx della Campania, oggi è uno dei quartieri più sicuri dell’hinterland. «In Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio», diceva Giuseppe Prezzolini. Nel 1980 fa a Caivano ci finirono qualche migliaio di sfollati del sisma in Irpinia, lo stesso avvenne a Scampia (con i guasti che conosciamo...). Dall’innesto forzato di immigrati avellinesi che doveva durare il tempo della ricostruzione nacque invece un ghetto, l’ennesimo regalo della speculazione edilizia post-sisma e della miopia della sinistra allora al governo.

Le palazzine fatiscenti diventarono velocemente terreno di caccia dei pusher, nelle 16 piazze di spaccio si potevano vendere lacci emostatici, cucchiaini e siringhe, tutto gestito dai rampolli di camorra armati di pitbull tenuti in gabbie in mezzo alla strada. Dietro il filo spinato c’erano i clan che occupavano illegalmente senza pagare l’affitto, con buona pace degli uffici comunali. Intorno alla piazza di spaccio più grande d’Europa, protetti da bambini vedette di 10 anni e telecamere, si consumavano abusi edilizi ma non solo: violenze, spaccio, omicidi, stupri di minori, bambini che volavano dai balconi e l’ombra della pedofilia. Tutto si consumava in famiglia, scoprirono le indagini iniziate una dozzina di anni fa. Don Maurizio Patricello assisteva impotente, «qui non c’è futuro, la gente perbene va via e lascia le case, occupate dai malavitosi». Poi la svolta: due cuginette di 10 e 12 anni approcciate sui social vengono ripetutamente abusate in uno stabile abbandonato da una gang farcita di minori, sono sette e due adulti. Bastonate e sassate, la minaccia di pubblicare filmati e chat degli abusi. Il Parco Verde torna a essere il parco degli orrori.

Patricello invoca Giorgia Meloni, e lei interviene: centinaia di carabinieri, finanzieri, militari e poliziotti presidiano il Parco Verde e bonificano il quartiere con diversi blitz anche recentissimi, coordinati dal prefetto Michele Di Bari. Il Comune viene sciolto per mafia, arriva un piano straordinario di investimenti da 56 milioni: arriva la videosorveglianza e l’illuminazione pubblica, con loro vigili urbani e assistenti sociali, si riqualificano gli edifici a fini sociali, si ristruttura il centro sportivo Delphinia abbandonato da anni e al di là dello stradone che gira intorno al Parco Verde nasce il centro Pino Daniele da 50mila metri quadrati con parco, piscina, una ventina tra campi da basket, tennis, padel e calcio a cinque, palestre attrezzate e un ring per 130 ragazzi della zona, inaugurato dal premier un anno fa. Soldi del Mef, opera del Genio dell’Esercito, atleti sotto le Fiamme Oro della polizia. Si abbatte il teatro Caivano Arte (che aveva ospitato Toni Servillo e i ballerini del Bolshoi di Mosca) per fare un auditorium da 500 posti.

Nasce il nuovo Polo universitario di Caivano inaugurato dalla ministra dell’Università Anna Maria Bernini, lungo la statale Sannitica dove sorgeva un cementificio, l’università Luigi Vanvitelli ci ha trasferito un corso di laurea in Scienze Motorie e Scienze Infermieristiche, ci sono laboratori di restauro artistico e progetti per la messa in sicurezza di opere d’arte. Anche il Procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri ammette in commissione Antimafia: «Caivano non è stato uno spot».

Sono 36 le prime famiglie sgomberate dalle case occupate per decenni senza diritto, gli appartamenti occupati risulteranno 250 su 600. Persino la caserma della Compagnia locale dell’Arma si rifarà il look. Caivano diventa un modello che la Meloni vorrebbe esportare nelle altre zone degradate dell’Italia nel suo Piano periferie per Rozzano (Milano), il Quarticciolo di Roma, Napoli, Rosarno e San Ferdinando (Reggio Calabria), Catania, Palermo e Foggia, a cui destina 180 milioni dai Fondi di Sviluppo e di Coesione. In tutto ci sono tre miliardi di euro per le periferie di 14 Città metropolitane e 39 città medie del Sud, annuncia Palazzo Chigi.

Arrivano in ordine sparso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, il ministro dello Sport Andrea Abodi, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Caivano è un modello benedetto anche dal capo dello Stato Sergio Mattarella il cinque gennaio di quest’anno, che va a messa da don Patricello dopo che quella di Natale era «saltata» perché la camorra gliel’ha giurata, vive sotto scorta per le intimidazioni ricevute dai clan, alla presidente della commissione Chiara Colosimo ha detto che teme per la sua vita, perché si sente lasciato solo. È finito nel mirino di chi ha dovuto lasciare la casa si è ribellato, ha minacciato il suicidio, ha dormito in strada con un presidio fisso nel quartiere, passando per vittima anche agli occhi di chi a quella casa aveva diritto eccome, ha dato la colpa allo Stato e alla Chiesa così come ha fatto certa antimafia ideologica che si tiene alla larga da qui. E quando arriva mescola ideologie e politica, con un copia-incolla delle frasi del sacerdote, accusato da Report di averci messo la faccia «al posto del commissario di governo», il capo della Protezione civile Fabio Ciciliano, come se Patricello fosse uno scudiero di Palazzo Chigi e non un uomo di Chiesa.

Certo, la dispersione scolastica all’istituto tecnico Morano del Parco Verde (rimesso a nuovo grazie ai 250mila euro di fondi del Pnrr sapientemente spesi dalla dirigente) è dimezzata ma è un problema che resta vivo. Qualcuno si lamenta che l’accesso al Parco Verde è più difficile di prima, che la situazione è «drogata» dai troppi commissari di governo, che il migliaio di adolescenti del quartiere si sentono esclusi che l’impianto è stato «recuperato con procedure eccezionali, poteri commissariali e gestito da un corpo dello Stato», tuonava mesi fa il governatore campano Vincenzo De Luca.

Gli stupratori minorenni delle cuginette vengono condannati in abbreviato a nove e 10 anni, i due adulti prendono 12 anni e 5 mesi e 13 anni e 4 mesi in primo grado. Il decreto Caivano che ne nasce introduce il «Daspo urbano» per allontanare le gang dal quartiere, per i genitori dei ragazzi che non vanno a scuola scatta la reclusione fino a 2 anni. Viene aumentata le sanzioni per i reati dei minori e si abbassa a sei anni la soglia della custodia preventiva e dell’arresto (che era facoltativo in flagranza) per i ragazzi tra i 14 e i 17 anni. Il testo passa dal setaccio dalla Consulta e dal Csm, ha sollevato dubbi sulla carcerazione per donne incinte o madri di figli minori di un anno, Garante dei detenuti e Radicali dicono che il boom di detenuti minori è «colpa» del decreto, come se il termometro fosse responsabile della febbre che la politica ha deciso di curare. Un’ipotesi che Antonio Sangermano, capo del Dipartimento per la giustizia minorile respinge al mittente: «Le devianze giovanili hanno assunto maggiore intensità lesiva, aumentano i minori che assumono sostanze stupefacenti».

«Abbiamo detto alle persone perbene e oneste che dello Stato potevano tornare a fidarsi, e che noi saremmo stati al loro fianco, ma senza don Patricello non ce l’avremmo

fatta», ha detto il premier. «Se anche un solo bambino sarà salvato dall’abisso della droga o da un futuro di criminalità, vorrà dire che il nostro impegno non sarà stato vano e che è valsa la pena lavorare senza sosta».

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