Genova - Uno smottamento sotterraneo, la condotta nazionale del gas che si rompe e 700mila persone rimangono senza gas. Se tutto andrà bene «solo» fino ad oggi, quando i tecnici contano di completare la messa in sicurezza della zona e il ripristino della tubatura.
È accaduto la sera scorsa vicino a Serra Riccò, comune nell'entroterra genovese. La strada interessata è stata chiusa per il rischio esplosione e da ieri mattina è partita la ricerca del punto in cui il tubo è collassato. Nessuna certezza sulle causa ma le abbondanti piogge dei mesi scorsi hanno dato il colpo di grazia a un impianto, evidentemente, tutt'altro che stabile. Da subito Protezione Civile e Comune di Genova hanno diramato un'ordinanza in cui si invitavano i cittadini a non usare il gas per il riscaldamento domestico ma solo per cucinare e a rinunciare all'acqua calda, data la chiusura di 4 stazioni di alimentazione del gas su 7. Meno gas si consuma, più ne rimane per gestire l'emergenza e permettere un ripristino più agevole. Il disagio riguarda l'intero territorio del comune di Genova e altri 15 comuni limitrofi. La procura di Genova ha aperto un'inchiesta, al momento contro ignoti, per disastro colposo.
L'ennesimo incidente con annessi gravi disagi per la popolazione, senza contare i rischi concreti per la sicurezza e l'incolumità, pone di nuovo l'attenzione su quanto il territorio ligure sia fragile e a rischio. Ogni volta che piove, ma anche a distanza di settimane dalle ultime precipitazioni come in questo caso, frane, smottamenti e disastri assortiti sono ormai un'abitudine. E non può certo essere solo causa del fato. Negli ultimi anni frane, smottamenti, infiltrazioni e disagi hanno riguardato autostrade come l'A7 Genova-Milano, strade a grande percorrenza come l'Aurelia nei pressi di capo Noli, strade provinciali come quella che porta in Val Fontanabuona e, non più tardi di una paio di mesi fa, la linea ferroviaria che porta verso la Francia dove un treno Intercity è rimasto per settimane appeso a una massicciata a ridosso della scogliera. Risultato: l'intera regione rischia di essere tagliata fuori dal resto del Paese con conseguenze disastrose per le attività commerciali e per il turismo. Senza contare il rischio per le vite umane. Una bomba ad orologeria sulla testa di migliaia di liguri, vittime di quella che da queste parti si chiama filosofia del «tapullo», ovvero del lavoro di manutenzione fatto alla bene e meglio. C'è un problema? Si «tapulla», si mette una pezza e via, senza pensare di risolverlo alla radice. Con l'ovvia conseguenza di ritrovarselo di fronte, magari più grave, a distanza di poco. «Manca una visione d'insieme, sono 40 anni che le cose vanno avanti così. La Liguria è una bomba inesplosa e questo potrebbe essere solo l'inizio», tuona il presidente dei geologi liguri Carlo Malgarotto. Se fossimo al Sud si punterebbe il dito su presunte infiltrazioni mafiose e sull'impossibilità di intervenire. In Liguria invece è tutto più chiaro, specie per quanto riguarda le responsabilità.
«Non vengono mai destinati fondi alla prevenzione ma solo a interventi che spesso sono proprio «tapulli» - conferma Malgarotto - Si fa vedere che si fa una strada, si taglia un nastro davanti a tutti ma il problema resta.
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